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CAPITOLO 6

Scuola Apostolica Bertoni. Uno spaccato di vita durante e dopo la guerra.

Capitolo 6

VI - Ultimi avvenimenti

 

1. I contatti con i signori Turco continuarono cordiali e s’intensificarono fino ad arrivare, in un certo senso, alla familiarità e all’amicizia. La celebrazione della Messa per il figlio Mino era occasione d’incontro con i superiori e la comunità di Cadellara, formata ora di piccoli aspiranti, ora di novizi, e spesso delle due categorie insieme. Prima p. Giovanni Armani, poi p. Luigi Dusi seppero conservare ed approfondire i rapporti di stima e di riconoscente attenzione già bene avviati.

Il confratello che – in un secondo tempo – ebbe più contatti con i donatori fu p. Albino Cassini. Egli a poco a poco entrò nelle confidenze dei signori Turco i quali trattavano con lui e assieme a lui i loro problemi patrimoniali e gli affari economici. Divenne per loro persona di fiducia.

La sorella Luisa, che era sposata e risiedeva a Roma in una villetta posta sull’Aventino (da cui si godeva la vista del sottostante Circo Massimo e parte del Palatino), col crescere degli anni sentì nostalgia della sua terra, vendette l’immobile e tornò a Verona, vincendo l’estrema ripugnanza del marito, Fabio Fabi, di origine laziale.

Quando il marito morì, la salma venne trasportata e tumulata a Bagnoregio, (Viterbo) suo luogo d’origine. Ai funerali era presente anche p. Cassini, in rappresentanza dell’Istituto.

La signora Micaela, pur contenta della vicinanza della sorella, non acconsentì che Luisa venisse ad abitare nella sua casa. "Vicine, ma separate; ognuna nella sua casa", diceva. Luisa era soddisfatta anche così e visse sola nell’appartamento preso in affitto, presso la chiesa di s. Nicolò, in Verona. S’incontrava spesso con la sorella e insieme si recavano a Cazzano con la macchina guidata dal sig. Guglielmo per incontrare la terza sorella, Bianca, nella casa paterna. L’una e l’altra subivano il fascino di Micaela, ne condividevano le idee e poi ne imitarono anche le scelte.

Luisa che era la più anziana – era nata il giorno 8.1.1883 – morì in Verona dopo le due sorelle, il 17 giugno 1978, e venne sepolta nel cimitero di Cazzano di Tramigna. La signora Luisa Steccanella, sull'esempio della sorella, volle lasciare agli Stimmatini quel non molto che ancora possedeva.

2. Avanzando in età, i signori Turco pensarono di alienare, a poco a poco, i beni immobili che possedevano e di consegnare il denaro agli Stimmatini. Essi pensavano, e la signora ce lo diceva apertamente: "Voi Stimmatini non avete intenzione di tenere i nostri beni, ma dopo la nostra morte li venderete. Perciò è meglio che prima di morire facciamo noi queste operazioni. Vi risparmieremo fatiche e pensieri e forse concluderemo gli affari meglio di voi!". Così fecero.

Il denaro ricavato dalle vendite, tuttavia, era consegnato agli Stimmatini, non a titolo di "donazione", ma come "deposito". Gli Stimmatini potevano usare il denaro ricevuto, pronti tuttavia a restituirlo qualora i Turco lo richiedessero, ed inoltre a corrispondere un interesse sul capitale.

Ad onor del vero, essi non richiesero mai gli interessi, ma vollero che fossero conteggiati e aggiunti alla somma depositata. Pur con i suoi limiti, l’operazione fu per l’Istituto, in quei tempi, una vera provvidenza che permise di guardare più serenamente il futuro.

In caso di morte, tutto rimaneva agli Stimmatini secondo quanto da tempo avevano disposto con testamento. Ricordo che, dietro esplicita richiesta dei signori Turco, mi recai dal notaio Antonio Cicogna per pregarlo di stendere una bozza di testamento. Egli ne preparò una breve e chiara, ma che mi pareva un po’ "modesta" di fronte al "contenuto" di quel testamento. Egli affermò con decisione che "meno parole si scrivono nel testamento, tanto meglio è. Quello che conta è di esprimere con chiarezza e immediatezza la propria mente". E aggiungeva: "Pochissimi preti sanno stendere correttamente il testamento e questo dà origine a liti e dissapori dopo la loro morte".

3. La vita dei coniugi Turco trascorreva serena nell’intimità della loro casa frequentata da poche e conosciute persone. Si avvicinavano sempre più alla pratica religiosa e spesso, anche nei giorni feriali, si potevano notare tra i fedeli che ascoltavano la Messa nella chiesa della Scala o di s. Tomìo. Ma un inatteso, tragico incidente venne a sconvolgere, anzi a stroncare quella famiglia.

Il giorno 26 febbraio 1974 i coniugi Turco partirono dalla loro abitazione in Verona, via Garibaldi 16, per recarsi a Cazzano di Tramigna, dove la sig.na Bianca, sorella di Micaela viveva da sola. Conduceva la macchina, come di consueto, il commendatore Guglielmo. Egli scherzando diceva spesso che era "l’autista" della moglie, alla quale lasciava la trattazione degli affari domestici e non domestici. Era una giornata fredda ma chiara, senza nebbia. Forse anche per questo si erano decisi di uscir da casa.

A Strà di Caldiero, lasciata la statale, la macchina risaliva in direzione d’Illasi per portarsi poi verso il colle e la chiesetta di s. Felice (chiesa dove i signori Turco avevano celebrato il loro matrimonio!), per discendere verso Cazzano. Strada che avevano percorso centinaia di volte.

Quando i coniugi raggiunsero la località s. Giustina, furono disturbati dal fumo di un fuoco d’erba secca che bruciava lungo il margine della strada e la scarpata. Incendi comuni in quella stagione, appiccati da stradini o da agricoltori. Il sig. Guglielmo istintivamente spostò la macchina a sinistra verso il centro della strada, per evitare il fastidio del fumo. Probabilmente la sterzata fu brusca e la macchina si spostò oltre la linea di mezzeria della strada.

Nel medesimo momento, un camioncino scendeva a velocità sostenuta da Illasi, in senso opposto: lo scontro frontale tra i due mezzi fu inevitabile e violento. Il commendatore Guglielmo fu estratto dalla macchina in gravissime condizioni, mentre la moglie Micaela riportava varie ferite e la rottura d’alcune ossa, ma non in maniera preoccupante. Furono trasportati immediatamente all’ospedale di Tregnago.

La comunità di Cadellara, la prima ad apprendere la tragica notizia, così descrisse l’evento: "Ultimo di carnevale. Riceviamo da Piero, un amico di Cazzano, una telefonata che ci annuncia il grave incidente accaduto ai signori Turco. Sappiamo pochi particolari, sappiamo comunque che sono stati ricoverati all’ospedale di Tregnago. Le ultime notizie: il sig. Guglielmo Turco muore subito dopo il ricovero, la signora Micaela à grave. Tutta la comunità è partecipe e visibilmente scossa da questa tragedia. Il senso di riconoscenza forte in tutti i confratelli, si dimostra anche in questa occasione e si rafforza per l’interessamento di tutti." (Comunità Stimmatina, 1974, pag. 713).

In quel tempo io risiedevo a Roma, ma Dio volle che proprio in quei giorni mi trovassi a Verona, in visita a quelle comunità. Con alcuni confratelli ci precipitammo a Tregnago, dove pregammo davanti alla salma del commendatore Guglielmo e rivolgemmo alla signora Micaela, dolorante e profondamente colpita, parole commosse di partecipazione e di cristiano conforto.

Le esequie del defunto sig. Guglielmo furono celebrate nella chiesa parrocchiale di Pieve. Parteciparono numerosi amici, conoscenti, dipendenti e semplici fedeli, sgomenti per la sua pietosa fine e la calamità che aveva colpito quella famiglia.

Mi ricordo che presi per tema dell’omelia le parole del profeta: "Le mie vie non sono le vostre vie" e, commosso, ricordavo la sorte medesima toccata a Mino: padre e figlio uniti in un comune, tragico destino. Misteri della sapienza divina, per noi oscuri, accolti nella fede e illuminati dalla morte e risurrezione di Cristo.

La salma fu tumulata nel cimitero di Pieve e racchiusa nella tomba di famiglia, accanto al figlio. Aveva 79 anni.

4. La signora Micaela rimase degente all’ospedale di Tregnago per alcuni giorni, poi si fece trasportare alla Casa di Cura dr. Chierego, a Verona. Si riprese lentamente, ma non guarì mai. Non essendo autosufficiente e bisognosa di continua assistenza, scelse di rimanere permanentemente in quella Casa di Cura, occupando un piccolo appartamento. Poteva così avere la presenza dei medici, usare dell’assistenza continua degli infermieri, ed anche il conforto e la compagnia costante della sorella Bianca, la quale si trasferì all’ospedale e visse assieme a lei.

Rimase 13 mesi in quell’ambiente, accogliendo le visite di poche, intime persone. Conservò perfetta lucidità di mente e si rendeva perfettamente conto dell’acerbo destino toccato alla sua famiglia. Appariva ed era religiosamente rassegnata.

Il cappellano dell’ospedale passava da lei ogni giorno e gli Stimmatini, specie p. Albino Cassini, andavano spesso a trovarla. Quando avevo occasione di ritornare a Verona non mancavo mai di recarmi ad incontrare la signora Micaela in quell’inconsueto appartamento. Era felice di rivedermi non solo come superiore dell’Istituto, ma anche come persona che era stata sempre vicino alle vicende della sua famiglia fin dai primissimi tempi.

Andò lentamente declinando nel fisico e purificandosi nello spirito, finché il giorno 13 marzo 1975 fece ritorno alla Casa del Padre, ricongiungendosi all’adorato figlio Mino e al marito Guglielmo.

Non ho ricordi particolari sul suo transito, né ho trovato memoria nelle cronache dei nostri periodici. Soltanto due brevi annotazioni riportano quell’evento. La cronaca della comunità di s. Agata: "In una pausa della visita canonica possiamo avere fra noi il p. Generale e p. Leonoris. Il p. Generale però dovrà ripartire per Verona il 15 marzo per assistere ai funerali della sig.ra Turco che segue il marito ad un anno di distanza. (Bert. 1975, pag. 253). L’altro riferimento è contenuto nella cronaca della comunità di s. Leonardo, al giorno 15 marzo 1975: "A Pieve di Colognola ai Colli il p. Generale presiede la concelebrazione per i funerali della N.D. Micaela Turco". (Comunità Stim., 1975, pag. 913).

Parecchi Stimmatini intervennero ai funerali della signora Micaela oltre a molti fedeli, amici e conoscenti. La pietà e la commozione erano nel cuore e nel volto di tutti. Scompariva un’intera famiglia: padre, madre e figlio, travolti da identica, tragica sorte. Mentre la pietra calava lentamente, ricoprendo le tre salme riunite insieme per il sonno della morte, con gli occhi umidi di pianto, tutti sussurravano insieme la preghiera della Chiesa: "Le loro anime per la misericordia di Dio riposino in pace!".

 

 

Riflessione conclusiva

Rileggendo oggi in chiave sapienziale la storia del periodo postbellico, da Galbiate a Cadellara, mi sembra di poter affermare che l’incontro con i signori Guglielmo e Micaela Turco fu "provvidenziale" per la nostra Provincia religiosa.

- Fu un aiuto determinante per poter ospitare – almeno fino alla costruzione del complesso di s. Leonardo (1955) – i nostri seminaristi che crescevano di anno in anno.

- Permise di toglierci di dosso il capestro dell’indebitamento bancario a cui eravamo condannati per provvedere alla vita della Scuola Apostolica e delle altre opere.

- Rese possibile l’erezione della Provincia di s. Maria della Speranza, permettendo di dotare la nascente istituzione con i mezzi di sussistenza (immobili e denaro) ricevuti in donazione.

- Favorì l’espansione della Provincia s. Cuore offrendo la possibilità di aprire nuove opere ed iniziative.

Giustamente l’Istituto ha riconosciuto ai coniugi Guglielmo e Micaela Turco il titolo di "Insigni Benefattori" e conserva per loro profonda e imperitura riconoscenza. Ecco il testo del riconoscimento da parte del Superiore Generale p. José Moura: "A seguito di una richiesta presentata dal Superiore Provinciale e Consiglio della Provincia del S. Cuore, il Superiore Generale ha riconosciuto come "Benefattori di tutto l’Istituto" i compianti commendatore Guglielmo Turco e la Nobil Donna Micaela Turco Steccanella, deceduti rispettivamente il 26 febbraio 1974 e il 13 marzo 1975. La loro significativa donazione della sede di Cadellara nel lontano 1946 è stata completata dalla cessione in morte di tutti i loro beni a favore della Scuola Apostolica Bertoni. La Congregazione come segno di riconoscenza li ricorderà al Signore anche nell’anniversario della morte". (Bert. 1987, pag. 21).

 

 

Appendice

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