Martedì 15 Febbraio 1949

Siamo ricevuti in udienza verso mezzogiorno, è questa l’udienza più breve: tre quarti d’ora. Ricevuti gli ordini superiori il Prefetto mi dichiara che mi è permesso visitare i cristiani a titolo di amicizia. Il permesso viene dall’alto, non è suo, ed egli me lo garantisce per CHU-CHOW e LAI-SHUI (unite dai rossi in una sola Prefettura mentre prima erano due ‘HSIEN’ distinti).

Insisto perché mi dia qualche cosa di scritto per poter presentarmi franco anche nei luoghi minori. Si rifiuta recisamente, secondo la buona pratica comunista, che non vuole mai esporsi troppo. E dire che secondo loro tutto ciò che fanno lo fanno per proteggermi... se non si prendessero tanti affanni sarebbe tanto meglio per me e per loro.

Passando negli altri due HSIEN: YI-HSIEN e LAI-YUANG-HSIEN, dovrò prima presentarmi al Prefetto e dire del permesso ottenuto e poi loro certamente mi concederanno libertà di girare, essendo il permesso non del Prefetto di CHU-CHOW, ma dell’autorità superiore. Notai come nel fare queste dichiarazioni fosse più disinvolto del giorno prima; da buon comunista, avendo pienamente osservata la dipendenza si sentiva con le spalle protette. Noi, più soddisfatti di lui, anche se meno assicurati, ce ne andammo subito verso casa, WU-KO-CHWANG, dove troviamo altri dei nostri usciti da Pechino: una suora, una ragazza ed un maestro cinesi. 

Mercoledì 16 Febbraio 1949

La terra mi scotta sotto i piedi, i giorni persi in questo andirivieni mi stanno sulla coscienza come un rimorso. Parto subito per il nord, facendomi accompagnare fino a CH’ETU (Terra Rossa). Di passaggio andiamo a salutare il Capo-Distretto e a riferirgli sull’esito della nostra visita a CHU-CHOW. Benché già informato d'autorità gradisce il nostro omaggio e cerca di farmi un sorriso e un buon augurio. Prima di dimenticarlo ne fisserò qui il nome: si chiama Wang: è di WANG-PI’G-HSIEN, presso Pechino, la città dove i giapponesi fecero nascere il famoso incidente. 

Giovedì 17 Febbraio 1949

Sono proprio fra i cristiani e non mi sembra vero. Mentre a WU-KO-CHWANG sono cristiani ormai da più generazioni, questi sono cristiani nuovi e sono proprio delle pecorelle disperse.

I loro capi, quelli che si interessarono per la prima fondazione della Chiesa cattolica in questo paese, quelli che erano in grado di dirigerli, sono stati tutti massacrati: un po’ dalla guerra e un po’ dai comunisti. Da sette o otto anni non hanno più visto il prete, perché da quando vennero i giapponesi non fu più possibile farsi vedere quassù se non di sfuggita. Più in su il prete non si è visto da 10 o 12 anni. La mia venuta ha spalancato le porte del loro cuore, ma poverini non sono in grado tale da poter essere ammessi ai Sacramenti. Quelli che sono rimasti sono un piccolo gruppetto di giovani, pieni di buona volontà, ma non sanno più nemmeno le preghiere.

Nel vederli accostare spalla a spalla per leggere sull’unico libro quelle antiche formule, mi parve di udire il vagito della Chiesa primitiva. L’unica cosa che potei fare, oltre alla celebrazione della Messa un po' di catechismo e un po’ di preghiere dette insieme, fu quella di battezzare un po’ di bambini sotto i sette anni. Ma ce ne sono altri che hanno superato quell’età e quasi tutti, grandi e piccoli, devono ancora fare la prima comunione.

Poveri Cristiani!

La bufera ha colpito la loro comunità proprio sul nascere. Recentemente l’intero paese (come molti altri vicini) è stato quasi interamente bruciato. I paesani, per ordine dei nuovi padroni, si erano prestati a disfare la linea ferroviaria Pechino - PAO-TING-FU, asportandone le traversine e le rotaie. Avvenne che, per un improvviso allarme, lasciarono sul posto i loro indumenti e così poterono essere identificati, nonostante che abitino ben lontano dalla ferrovia (20 o 30 Km). Un certo comandante di truppe ausiliarie (ex briganti) aggregate ai nazionali ordinò la rappresaglia e venne quassù con i suoi uomini a bruciare i paesi. Case ed utensili, grano e foraggi sono stati ridotti in cenere e così molta gente non ha proprio più nulla. I pochi oggetti religiosi e i libri di pietà dei cristiani hanno fatto la stessa fine, quando non furono i comunisti a rubarli o distruggerli. La sede della scuola è ridotta ad un mucchio di sassi e di fango, e il cristiano che l’aveva ceduta fu arrestato e poi fucilato dai comunisti nella loro sede di LUNG-WA, per oscure accuse.

Il figlio maggiore del defunto fu sottoposto alla coscrizione forzosa, ed avviato a CHUO-CHOW, dove subì l’istruzione comunista. Ora, per una certa malattia, da poco è stato rimesso in libertà. Penso che la loro durezza si senta soddisfatta di avere così schiacciata questa vittima o che la loro oculatezza non si sentisse troppo sicura di tale allievo.

Il morto si chiamava T’ai Wenyao.