Venerdì 18 Febbraio 1949

SHE-TING (chiosco di pietra). Anche qui c’è solo una piccola comunità di cristiani nuovi. I capi sono due fratelli, figli di un piccolo Mandarino del tempo dell’Impero. Hanno una certa istruzione ed autorità sugli altri, ma anch’essi hanno dimenticato quasi tutto e non sono in grado di essere ammessi ai Sacramenti ma li assicuro che dopo di me passeranno nascostamente i sacerdoti cinesi che li prepareranno alla Pasqua. Io non posso trattenermi: mio scopo è di saggiare il terreno e di aprire la strada.

Dopo l’amministrazione dei battesimi e la benedizione delle case parto subito per PANG-CHENG-LUNGWA. A PANG-CHENG trovo una sola famiglia di cristiani. Altri sono emigrati, alcuni sono morti. Anche qui si trattava di un lavoro appena incominciato; resto però grandemente edificato per la viva fede di due sposi che mi accolgono con ogni premura e manifestazione di gioia. Faccio solo una breve sosta e poi proseguiamo per LUNG-WA che dista una dozzina di chilometri. La strada è il fiume KIU-MA-HO, che esce dai monti del SAN-PUÒ e si stenta ad avanzare tra ciottoli e sabbia.

LUNG-WA (Covo del Drago). “Conveniunt nomines rebus sæpe suis”. Veramente questo paese fu il covo del Dragone Rosso; di qui poi esso è sceso verso la pianura. Prima se ne stava rintanato fra i monti impervi del SAN-PUÒ, ed ogni tanto si arrischiava ad avanzare la sua testa fin qua. I giapponesi gliela pestarono coi bombardamenti aerei e con le incursioni armate partite da SHE-TING, dove essi rimasero accampati quattro o cinque anni. I1 paese ha subìto non pochi danni, così mi hanno detto, ma non ho potuto costatare con i miei occhi essendomi fermato solo una notte. Arrivammo che era sera e la mia presenza fece l’effetto di una bomba; nessuno se lo sarebbe aspettato, nessuno osava riceverci. Il terrore della nuova libertà è così grande che i cristiani si trovano in grandissimo imbarazzo.

Fummo condotti nella casa di uno che è farmacista e che da ragazzo studiò nelle nostre scuole di YI-HSIEN, conseguendo il diploma di maestro. Qui vennero un po’ tutti a visitarmi, a salutarmi e a farmi qualche domanda indiscreta. Siccome io non li conoscevo di persona, aspettavo che mi dicessero dove avrei alloggiato e come avremmo fatto l’indomani per la Messa e l’amiinistrazione dei Sacramenti.

La comunità cristiana conta una quarantina di individui e vidi molti bambini che avrei dovuto battezzare. Si fece però notte scura e nessuno mi diceva niente: dopo aver sfilato davanti a me, tutti si erano squagliati a cominciare dal capo di casa che nemmeno mi salutò, e uscito di casa, rimase fuori tutta la notte. Questo in omaggio alla nuova libertà e per non compromettersi davanti ai nuovi padroni che nel paese lasciarono profonda orma di terrore. Dopo aver pazientato quanto la discrezione imponeva ed anche di più, affrontai direttamente la situazione indirizzandomi ad un ragazzo di 15-18 anni. Fu allora che il mio accompagnatore saltò fuori con angoscia: “Padre, nessuno osa ospitarci! Tutti se ne sono andati, io che sono loro parente e amico di famiglia sono costretto a ritornarmene subito a casa”. - “Tu non parti, poiché se tu parti, devo partire anch’io. Perché non mi avete parlato chiaro fin dal principio? Invece di farmi tanti inutili e futili complimenti? Dov'è il padrone di casa?”

“È uscito per un ammalato”.

“Ho capito! È andato a far visita alla paura. Ma com'è possibile, adesso che è notte fonda che noi ce ne andiamo? Dov'è al mondo gente così inospitale che neghi un po' di vitto e un po' di alloggio a due pellegrini come noi?”.

M'indirizzai molto energicamente al ragazzo a cui m'ero rivolto prima e gli imposi di condurmi dal Capo-paese. Girando e rigirando per viottoli e fossati, fra ciottoloni e massi (il paese è adagiato in un’ansa del fiume e parlare di strade è puro eufemismo). Finalmente trovammo il Capo-paese, che con i suoi assessori stava facendo i conti della comunità. Lo abbordai quasi indispettito: “Cosa succede in questo tuo paese? Come mai i cristiani non osano ospitarmi? Chi li ha così terrorizzati? Sono stato a CHU-CHOW dal Prefetto e ho ottenuto un regolare permesso; sono già stato in altri paesi e nessuno ha avuto niente in contrario. Voi qui chi siete? Perché non posso passare la notte qui? E dove posso andare a quest’ora?”.

Il mio fuoco di fila, come la mia inaspettata comparsa, lo sorpresero completamente, per cui balbettò: “Ma non c’è niente in contrario; dite ai cristiani che gli diano vitto ed alloggio; non c’è niente in contrario”.

Mi parve sincero ed onesto, forse non tutta la colpa era sua. Era presente un Kampurti (Capo sezione) che avevamo incontrato nell'oscurità, mentre giravamo in paese. Due o tre volte aveva tentato di allontanare il ragazzo che ci guidava, dicendo che ci avrebbe guidato lui, ma io gli dissi chiaro sul viso: “Io non so chi tu sia, e di te non mi fido; questo ragazzo sa dove devo andare e perché vi devo andare; lui mi deve guidare fin là. Se vuoi venire anche tu, puoi venire; non mi interessa e non ti temo”. - Ora era lì che mi guardava di bieco al fioco lume della lampada. Volle intervenire nella conversazione, ma dopo la resa incondizionata del capo c'era poco da aggiungere. Fremeva. Lo misurai anch’io con lo sguardo e gli lasciai intendere che tanto zelo per la difesa della Repubblica Popolare era fuori luogo. Non disse altro, ma i comunisti sono sempre pieni di risorse. Tornato a casa, mentre mangiavo qualcosa prima di coricarmi (erano circa le 22), un altro Kampurti, e precisamente l’incaricato della Pubblica Sicurezza di cognome Mu venne a farmi una lunga intervista noiosa e petulante, insistendo sul punto che il mio permesso non era regolare perché non dato per iscritto. Conosco bene le regole del loro gioco fatto per imbrogliare i galantuomini: uno nega il permesso scritto e l'altro lo esige. Risposi perciò difendendo fermamente la mia posizione, non senza qualche puntata sul fianco, richiamandolo al rispetto dovuto alle autorità superiori. Quando fu stanco di infastidirmi con così poco profitto, finalmente se ne andò. Seppi poi che era cristiano, sebbene da pochi soldi.

Presi le mie decisioni per l’indomani e poi mi abbandonai ad un sonno tranquillo e ristoratore. 

Sabato 19 Febbraio 1949

Di buonora celebro tutto solo la santa Messa; selliamo l'asino e ci disponiamo a partire. Le cristiane ci preparano la colazione obbligandoci ad accettarla e poi tutte mortificate e silenziose ci accompagnano fino all’uscita del paese. Dato il nessun coraggio dei cristiani e l'animosità dei loro avversari, giudicai non vi fosse altro da fare. Partii dicendo qualche buona parola per tempi migliori.  

Domenica 20 Febbraio 1949

Sono di nuovo a CH’ETU dove ci sono ancora alcuni battesimi da fare. Si tratta dei figli di un maestro già domestico e pedissequo del Padre Tomasi. Lui è vecchio cristiano, ma la moglie sua è ancora catecumena. Raccomando a lui la piccola comunità di CH’ETU, ma purtroppo mi accorgo che anche lui ha bisogno di istruzione. 

Lunedì 21 Febbraio 1949

Sono tornato a WU-KO-CHWANG, che è un po’ la mia base. La zona nord l’ho visitata tutta, sia pure troppo brevemente. Spero che i Padri Cinesi possano ora fare le cose con calma e con frutto. Qui mi incontro con Padre Pietro Liu, diretto a Pechino. Lo accompagna un cristiano di PAO-CHWANG dove detto padre si trovava da una ventina di giorni. Viaggiavano in due con una sola bicicletta, e sapete come fanno? Partono insieme, uno in bicicletta e uno a piedi; non sarebbe possibile montare tutti e due: qui non esistono strade ma solo sentieri. Bene. Quando quello che è in bicicletta ha fatto due o tre chilometri smonta, mette la bicicletta contro un albero, contro un argine o contro una siepe e poi prosegue a piedi. Sopravviene l'altro, prende la “macchina” e l'insegue e poi così via. In questo modo hanno fatto circa 25 chilometri e così faranno per gli altri 25 che loro rimangono per arrivare alla prima stazione del treno. 

Martedì 22 Febbraio 1949

Padre Liu durante la Messa fa un riassunto generale delle verità della Fede e così conclude la nostra missione in questo paese. Io scendo al sud fino a LJ-TSUN (Paese delle Castagne). Ci sono stato una dozzina d’anni addietro quando feci il mio primo giro di missione; stentano però a ricordarsi di me ed io più ancora a ricordarmi di loro. C’è un piccolo gruppo di cristiani nuovi abbastanza ben formati ed anche fervorosi. Una delle nostre Suore li guida ed essi mi accolgono con gran gioia: ancora nessun sacerdote è passato di qui. Tutta la zona, essendo di recente liberazione è sottoposta ad una intensissima propaganda: giorno e notte, almeno un membro per ogni famiglia deve presenziare alla predicazione dei nuovi principi. Chi manca viene multato e deve pagare tanto petrolio quanto corrisponde alla sua colpa. Così le adunanze notturne sono illuminate a spese del popolo. Lo zelo della causa deve supplire la mancanza di locali e così si tengono all'aperto nonostante il freddo. A guardare ben da vicino, in tutti i suoi particolari una simile propaganda, si scorge come essa sia opera diabolica scimmiottando in tutto l’opera della Chiesa. Il demonio ha trovato qui molti seguaci che lo servono senza conoscerlo e gode assai in atteggiarsi a salvatore e redentore dell’umanità. “In laqueum quem tenderunt ipsi cadant...” speriamo che Dio abbia misericordia di questa gente che affronta sforzi e sacrifici immensi per una causa iniqua: “non enim sciunt quid faciunt”.