Capitolo VI

FONDATORE DI UNA COMUNITÀ RELIGIOSA 

1. - Ispirazione della Fondazione

Circondato dalla stima e dalla fiducia dei Superiori il Bertoni partecipava con trasporto giovanile a tutta la vita ecclesiastica della sua città e del suo tempo.

Le esitazioni e le angosce che travagliarono molte città e molte diocesi durante i cinque anni di prigionia di Pio VII, non ebbero luogo a Verona sotto l'energico Mons. Liruti. Se ne sentirono gli echi (ed il Bertoni deve averne sofferto moltissimo nel suo cuore attaccatissimo al Papa), ma invece di perdersi in ondeggiamenti fra il Despota di Francia e il Vicario di Cristo, a Verona si lavorava intensamente per la riforma degli uomini e delle istituzioni.

I due potenti colpi di scopa vibrati contro la compagine ecclesiastica (26 maggio 1807 contro le confraternite, congregazioni e compagnie religiose laicali; aprile-maggio 1810 contro Ordini e Istituti religiosi, contro le numerosissime parrocchie) da Napoleone avevano accumulato sul terreno molte rovine, ma avevano nello stesso tempo spianata la via ad una vastissima ripresa.

Anche gli empi sono ministri di Dio.

Le loro cattive intenzioni li rendono empi e degni dei castighi divini, ma il male che essi fanno non sfugge all'onnipotenza della divina misericordia.

Del resto, se è vero che Napoleone fu un ambizioso, un despota, l'espo­nente di una rivoluzione empia ed eversiva, non fu poi quel tizzone d'inferno che qualcuno potrebbe credere. La sua fine cristiana, dopo i castighi di Dio, ce ne assicura.

Ma qui interessa solo il valore storico e provvidenziale della sua azione e il giudizio che se ne fece il Bertoni.

Dai manoscritti di predicazione degli anni 1810-1812 appare appunto che il Bertoni giudicò l'azione del Buonaparte come un meritato castigo della vita rilassata e tepida di troppi religiosi ed ecclesiastici, e come una larga apertura fatta da Dio sull'avvenire.

Il vedere e il curare attivamente tante piaghe accendeva in lui lo zelo, facendogli sentire il bisogno di cooperatori animati dallo stesso suo spirito.

Le esperienze fatte ed i felici risultati ottenuti nel campo giovanile lo animavano grandemente, e nella corona di amici e collaboratori, che per quell'opera gli si erano stretti dintorno, intravedeva alcune anime più intimamente accordate con la sua e assillate dagli stessi intenti e preoccupazioni.

L'incarico di fiducia affidatogli dai Superiori nel Monastero di San Giuseppe gli dava modo di seguire da vicino il nascere e lo svilupparsi di due Istituti femminili rifugiati nello stesso nido. Tutto questo favoriva singolarmente in lui il sorgere e lo svolgersi dell'idea di una fondazione religiosa.

Un cuore sacerdotale, per poco che sia zelante, può produrre di suo un simile pensiero; ma il Bertoni fu condotto su questa via da mille circostanze che a lui, pieno di fede, manifestarono chiaramente i voleri della Divina Provvidenza.

I Biografi, facendo uso di un piccolo fascicolo di note intime, che comprende i cinque anni che vanno dal 1808 al 1813, documentano minuziosamente quanto noi abbiamo sopra accennato e riassunto.

Altre fonti danno per certa una particolare rivelazione ed intimazione divina.

Nella forma più autentica ed esplicita che si potesse desiderare, e cioè nelle Costituzioni fondamentali da lui lasciate ai suoi figli, il Bertoni ebbe a scrivere: "Colui che ha incominciato ed ispirato l'opera, la compirà altresì, se noi non vi porremo ostacolo". (Cost. 185).

Si può dire anzi che il Bertoni fu indotto a divenire Fondatore quasi contro sua voglia.

Quando infatti i suoi figli insistevano perché si desse premura di ottenere al suo Istituto il riconoscimento giuridico della Chiesa e dello Stato, egli soleva rispondere "non essere lui figura da fondare religioni". (P. Fedelini).

E ciò fece molte volte e per lungo tempo; e di fatti morì senza avere mai avanzato nessuna domanda né alla Santa Sede, né al Governo austriaco. La cosa si spiega col fatto che il Bertoni era perfettamente tempista, chiaramente illuminato su quelli che erano i tempi suoi, e su quelli che a breve scadenza dovevano seguire. Anche senza ricorrere a precisi lumi profetici (cosa niente affatto da noi esclusa, anzi ritenuta probabile), solo guardando a quello che allora (1848-1849) avveniva in Austria, in Piemonte e in Italia, il Bertoni poté ritenere non ancora giunto il tempo di dare forma giuridica alla sua istituzione.

Il suo immediato successore, il P. Giovanni Maria Marani, persona a lui devotissima, suo primogenito alle Stimate e suo confessore ordinario nella tarda vecchiaia, appena il Padre morì, si diede premura (spinto anche dagli altri) di ottenere dalla Santa Sede quel riconoscimento, che era nelle brame di tutti.

Per l'opera benevola del nuovo Vescovo Mons. Riccabona, ma più per un prodigio del cielo riuscì in meno di due anni ad avere il Decreto di Lode per l'Istituto, che allora era composto di sei membri.

La grandezza del miracolo appare anche agli occhi di chi non sia molto pratico dello stile della Curia Romana. La cosa non sfuggì ai contemporanei, anzi sono loro che ce la segnalano.

È vero che alla Corte di Vienna molte cose si erano mutate, e così, tolti gli impacci secolari, era stato possibile ottenere nel 1855 quello che solo qualche anno prima sarebbe stato assolutamente impossibile. Ma ciononostante i tempi non si potevano dire maturi.

Quel riconoscimento parziale doveva causare dieci anni dopo (1866) una crisi gravissima e lunghissima, che per poco non riuscì fatale all'Opera del Bertoni.

Se il Marani avesse avuta l'avvedutezza ed i lumi del suo carissimo Padre, avrebbe anche lui saputo comprimere nel cuore quei desideri e quelle brame, che noi riconosciamo legittime e santissime, ma che sul quadrante del tempo non avevano ancora il loro giusto momento.

Solo certe disposizioni testamentarie del Bertoni valsero a salvare l'Istituto dalla completa rovina, ed è per questo che noi osiamo pensare che egli fosse favorito di precisi lumi profetici. Che, nonostante questi apparenti enigmi, il Bertoni avesse fin da principio le idee molto chiare su quello che doveva fare, ci viene accertato da una sua let­tera autentica scritta alla Naudet ottanta giorni prima di dare inizio all'opera sua. In essa dice: "L'arciprete Galvani mi ha offerto le Stimate come luogo opportuno a porre una Congregazione di Preti, che vivano sotto la Regola di Sant'Ignazio." (17 agosto 1816).

Da notare che la Compagnia di Gesù era stata ripristinata da due anni (7 agosto 1814), e che il Bertoni, se voleva lui farsi gesuita insieme coi suoi più fidi compagni, lo poteva benissimo, senza pensare ad una nuova fondazione. Se, quindi,  vi pensò, lo fece per netta manifestazione della volontà divina.

La prima data segnata nel «Memoriale Privato» circa questo argomento risale al 15 settembre 1808, e la luce era andata crescendo man mano, fino a diventare completa.

In quegli otto anni se ne erano viste delle cose e dei cambiamenti! Anche le sue esperienze personali erano state varie ed impegnative. Le abbiamo già raccontate. Una ne abbiamo lasciata, per raccontarla qui, che è il suo posto giusto.