29 GIUGNO

 

 

GINO ZANTEDESCHI (sacerdote)

 

Nato a Torbe di Negrar 12.5.1948

Professionetemporanea 25.9.1965

Professione perpetua 25.9.1970

Ordinazione 1.9.1973

Morto a Msolwa Tanzania 29.6.2011

Anni 63

 

 

PADRE GINO DA TORBE

 

Era proprio così che ti firmavi sempre sulle tue numerosissime cartoline che ogni volta inviavi ai tanti amici dai posti più impensati delle nostre missioni. E tutti ormai ti conoscevano per il missionario viaggiatore che raccoglieva fondi, solidarietà e amicizia per portarli direttamente a destinazione dove eri diretto.

L’ultimo viaggio assomigliava a tanti altri viaggi in Tanzania. Come ogni anno, con il fedele amico Zanon e con un bel gruppo di studenti della scuola Stimate, sei partito per la missione di Msolwa. Ogni anno c’era qualcosa da costruire, una piccola iniziativa da avviare. Quanti asili sono sorti nella valle dello Iovi con la vostra collaborazione, quante preoccupazioni per i giovani che accompagnavate e quanta attesa nei cuori delle famiglie per un cammino di formazione a valori importanti della vita come quelli della solidarietà e dell’apertura al mondo.

Il tuo sogno è sempre stata la missione anche se non l’hai mai vissuta per periodi lunghi. Fin da giovane prete, quando eri curato alla parrocchia della SS. Trinità, il tuo parroco don Mario Arduini, ti rimproverava perché ti vedeva sempre preso dalle preoccupazioni missionarie piuttosto che da quelle pastorali della parrocchia. Ma tu eri fatto così: sentivi forte il richiamo delle terre lontane anche perché molti dei nostri compagni si erano già consegnati alla missione: p. Assuero per la Costa d’Avorio, p. Fausto per il Sud Africa, seguito poi da p. Gianni sempre per il Sud Africa, e poi p. Donato per le Filippine, p. Natalino per Londra… e noi qui, in Italia, ad animare i gruppi missionari, a tenere viva la fiamma missionaria con p. Marchesini.

Ti chiamavamo scherzosamente il postulante, perché la tua autonomia come religioso ti portava spesso ad avviare iniziative personali che solo tu vedevi importanti. Ma poi guardavamo anche con interesse ai tanti amici che ti sostenevano, ai tanti gruppi che con il tuo modo semplice e allegro portavi avanti. Per tutti avevi sempre un pensiero, un racconto, una preghiera. Ogni volta che partivi per i tuoi viaggi missionari riempivi le tue valigie di tutto: ricordini, cartoline, crocifissi, qualche bottiglia di vino. Perché tu dicevi che i missionari hanno sempre bisogno di tutto: di rosari, ma anche di un goccio di vino buono o di un dolcetto per superare le avversità della vita.

Eri  amante della musica e della liturgia che curavi sempre con attenzione per la comunità dei padri anziani di san Leonardo. E non ti risparmiavi come cappellano delle suore di Santa Giuliana o per aiutare parrocchie e amici parroci nelle loro numerose attività. Quando poi arrivava l’estate, il tuo campo preferito era quello di Caorle dove organizzavi per tutti messe festive per i turisti e giornate missionarie per sostenere gli amici missionari. Avevi un cuore a cui era difficile comandare perché ogni necessità che vedeva la sentiva come urgente e agli appelli si doveva rispondere.

Il tuo cuore si è fermato sotto la cascata che da Msolwa illumina tutta la valle dello Iovi. Eri andato con l’ultimo gruppo di studenti delle Stimate fin sotto quella cascata che vedevi già trasformata in una centrale idro-elettrica, l’ultimo progetto che l’Associazione Bertoni sta avviando in quella zona. Mi ero meravigliato perché non eri presente ai 25 anni dell’abcs, tu che ne eri stato uno dei fondatori. Poi gli amici mi hanno detto che eri già in Africa, nella terra che avevi sognato da giovane prete e che alla fine ha raccolto il tuo ultimo respiro.

Grazie caro Gino da Torbe per la tua passione missionaria, per la solidarietà che hai costruito per tanti nostri amici missionari. Il Signore ti dia il premio del tuo servizio missionario e aiuti tutti noi a continuare con la stessa passione l’amore agli ultimi e ai senza voce.

p. Lidio Zaupa 

 

P. Gino, missionario per il mondo

Sono già passati alcuni mesi ma la ferita per la perdita di p. Gino Zantedeschi è ancora profonda. Non si può dimenticare un missionario e un prete come lui. Siamo cresciuti insieme, abbiamo condiviso passioni ed entusiasmi giovanili quando si parlava di partire per salvare il mondo e non è facile dimenticare tutto questo.

Lo chiamavamo tra compagni “il postulante”. Perché aveva abbracciato la causa di tutti più di quella dell’Istituto, aveva orizzonti che non si limitavano al proprio orticello ma sapeva andare sempre “oltre”. Aveva studiato tenacemente prima il tedesco e poi l’inglese perché la comunicazione era per lui importante. Ma trovava il tempo anche per approfondire i padri della Chiesa, per preparare le sue omelie domenicali e per qualche riflessione biblica che donava volentieri quando se ne presentava l’occasione.

Ha viaggiato molto p. Gino. Sempre in compagnia. Non era un solitario in questo senso. Aveva sempre qualche benefattore da accompagnare nei suoi viaggi missionari, qualche gruppo che si era fatto carico di portare avanti progetti di cooperazione o di sostegno alle diverse missioni. Non c’erano confini per lui: Thailandia, Filippine, Sud Africa, Tanzania. Tutti erano suoi assistiti, dovunque lasciava amici che gli volevano bene. Soprattutto ha saputo amare i luoghi dove si formavano i futuri stimmatini perché vedeva nell’Africa e nell’Asia il futuro dell’Istituto. Per questo aveva investito tante risorse che riusciva a far giungere dagli amici benefattori, particolarmente dalla famiglia Zanfretta che aveva conosciuto negli anni Ottanta e che da subito aveva voluto ricordare l’improvvisa morte dell’unica figlia Suzy con la costruzione di diverse opere di bene sparse per il mondo.

P. Gino è morto in Africa, sotto la cascata del fiume Iovi, sotto quella cascata che lui sognava già di vedere trasformata in energia con una centrale idroelettrica per dare sviluppo a tutta la valle dello Iovi. Il suo cuore si è fermato lungo quel tragitto, i suoi occhi si sono portati per sempre l’ultima immagine di quell’acqua che imponente passava a poca distanza. Era con un gruppo di giovani della scuola Stimate che aveva voluto accompagnare, come faceva ogni estate, fin sotto quella cascata perché potessero innamorarsi dell’Africa come lui, perché coltivassero nel cuore la solidarietà e l’amore per gli ultimi e i dimenticati, come faceva lui.

Grazie p. Gino della tua testimonianza missionaria perché certamente lo spirito che hai suscitato in tanti giovani e in tanti gruppi missionari a cui hai voluto far conoscere l’Africa non è andato perduto. E tu, piccolo seme caduto in terra, sei morto per dare la vita centuplicata a tanti cuori che con passione e coraggio continuano a portare avanti il tuo entusiasmo missionario.

p. Lidio Zaupa.

 

 

Funerale di P. Gino Zantedeschi

Omelia tenuta al Santuario il 12 Luglio 2011.

P. Gianni Piccolboni

 

Carissimi amici, fedeli, sacerdoti concelebranti, venuti da lontano e da vicino; caro P. Andrea Meschi, Superiore Generale e P. Maurizio Superiore Provinciale, siamo in tanti qui convenuti per celebrare il rito religioso a suffragio del nostro fratello P. Gino. Insieme diciamo al Signore e a Lui, un grande grazie. Un grazie per la sua vita. Con questo rito celebriamo una vita che si è conclusa, e diciamo missione compiuta Cinquantatré anni dei 63, li ha passati con gli Stimmatini. È difficile raccontare una vita in pochi minuti.

Racconto qualche aspetto e alla fine della santa Messa ci saranno altre testimonianze

Inquadro il tutto nel messaggio del Vangelo che abbiamo appena ascoltato: Matteo 25.

Il brano che abbiamo ascoltato è un famoso discorso di Gesù che ben conosciamo, e che ci dà una griglia di lettura della nostra vita, ed è anche uno specchio che ci aiuta a prepararci all’esame finale. È un messaggio per tutti i cristiani e per tutti gli uomini e donne della nostra famiglia umana.

Venite benedetti … perché avevo fame, ... sete … ero … E voi mi avete dato da bere, da mangiare. Allora i giusti diranno: «Ma come? Ma quando? Ma perché ...» E Gesù: «Lo avete fatto a me».

Alla fine, la sintesi di tanti discorsi e insegnamenti del Vangelo di Gesù, la parte centrale della nostra religione e delle nostre azioni trovano il centro proprio nel messaggio appena proclamato. Questo messaggio può essere espresso in cinque parole, che stanno sulle cinque dita di una mano, il vangelo delle cinque dita.

Lo avete fatto a me.

Tutto quello che facciamo, ha valore solo se: «Lo avete fatto a me».

Nella visione delle opere di misericordia elencate nel vangelo di questa liturgia vedo il ritratto e l’icona di Padre Gino. Un uomo per gli altri, un uomo, un prete, un missionario, uno Stimmatino che ha voluto sfogliare la sua vita per gli altri. Un sacerdote che ha preso le opere di misericordia come la caratteristica del suo stile di vita.

La svolta missionaria nella sua vita, sono state le sue esperienze fatte in Costa d’Avorio, Tanzania e Sud Africa. È scattato in lui un meccanismo interno, come una serie di reazioni a catena che non si sarebbero più fermate. Come un fuoco che brucia e che brucia senza consumarsi, anzi si alimenta mentre brucia.

Colgo subito un messaggio che traduco in uno slogan: Ardere per accendere. Sì Lui era proprio così P. Gino sapeva coinvolgere, contagiava con il suo entusiasmo, con quella passione che aveva dentro. Qualcuno ha detto: ha un entusiasmo adolescenziale, capace di meravigliarsi, di accendersi, di gioire. Ardere per accendere. Credo che tutti siamo stati toccati dal suo modo facile di relazionarsi con le persone, dal quel alone di amicizia e di simpatia che sapeva  trasmettere, che donava.

Voleva bene a tutti e si faceva voler bene; era generoso, donava, dava via, una medaglietta, un rosario, un santino, un’immaginetta, una collana o un oggetto dalle missioni. Aveva delle attenzioni particolarissime per tutti e per ciascuno. C’era per tutti una cartolina quando faceva qualche viaggio missionario. Quante telefonate che ho ricevuto in questi giorni di gente incredula che non riesce a rendersi conto di quanto avvenuto e dice: ho ricevuto proprio ieri la sua cartolina dalla Tanzania.

In un telegramma c’è il seguente messaggio: «Apprendiamo con grande dolore la scomparsa di P. Gino, amico vero sincero unico della nostra famiglia».

Lo ricordiamo ora assieme a P. Cesare tra i santi. Aveva un cuore per tutti per i vicini e per i lontani. Per lui non c’erano barriere né di lingua né di razza. Si faceva carico dei problemi degli altri. Li faceva suoi e trovava sempre una soluzione. Alle volte sembrava scanzonato, ironico ma era sempre pieno di umorismo tra il serio e il faceto ti faceva racconti di cose di avvenimenti o di esperienze. Non ha mai passato periodi lunghi in Missione, ma sosteneva da Lontano i missionari, cercava fondi per loro per le loro iniziative sociali, per la costruzione dei seminari, delle scuole delle cliniche, per lo scavo di pozzi. Dove c’era una richiesta ed un progetto lui era li per darti una mano. Era il suo vangelo delle opere di misericordia. Lui evangelizzava così. Si sforzava di parlare lingue diverse dall’italiano come un tentativo di relazione e di ascolto.

Negli ultimi anni seguiva con più interesse i progetti di promozione umana dei missionari Stimmatini in Tanzania dove si recava ogni anno accompagnando un gruppo di studenti della scuola alle Stimate. Senza esagerare, assieme ai missionari che lavorano e che hanno lavorato in Tanzania in prima fila, c’è da ricordare anche lui, sostenitore e promotore instancabile di tutte le opere che sono state realizzate nella valle dello Yovi, a Kisanga e a  Msolwa.

Sembra che padre Gino avesse colto bene il messaggio di Gesù del vangelo di oggi, forse si preoccupava poco delle strutture e delle istituzioni, dei canali ufficiali ma il bene lo voleva fare nel modo in cui l’aveva capito lui.

Aveva capito che se il centro delle attenzioni di Dio è l’uomo, di conseguenza il centro della sua attenzione doveva essere l’uomo nelle sue fragilità, nel suo grido di aiuto, nella sua indigenza e nel suo bisogno.

Credo che la sua generosità sia stata a livelli che pochi riescono a raggiungere.

Anche nel ministero si faceva in quattro per aiutare parroci in difficoltà, non c’erano distanze che lo frenavano. Incominciava la giornata molto presto al mattino e l’iniziava con il Signore, perché se si vuole far bene le cose bisogna farle con Lui.

Degna di nota è anche la devozione alla Madonna. In questo Santuario veniva la mattina per la celebrazione delle lodi dopo aver celebrato a santa Giuliana e ogni giorno al pomeriggio per la preghiera del santo rosario o per qualche confessione.

Vi racconto un significativo episodio riferito da un suo confratello che ha vissuto con lui questi ultimi anni: «Qualche tempo fa, prima di andare a letto ero nell’angolo in cappella al buio, non visto. Sento P. Gino che entra pian piano, va verso il tabernacolo e dice; “Ciao Gesù, sono Don Gino“ e poi va diretto alla sua stanza. Giorni dopo gli chiedo: «Gino, cosa dici alla sera in chiesa davanti al tabernacolo?». Mi racconta che S. Martino ogni sera, davanti al tabernacolo prima di andare a letto diceva: «Ciao Gesù, sono Martino» e in punto di morte si è sentito dire: «Ciao Martino, sono Gesù».

Chi l’ha incontrato non lo dimenticherà facilmente. Ha mantenuto la sua unicità, un po’ atipico, ma era un sacerdote Stimmatino sano nel suo cuore generoso.

Il suo cuore ha cessato di battere proprio nel luogo che aveva amato di più, in Tanzania, sul luogo dove anche noi stiamo sognando alla grande.

Un suo confratello lo ricorda anche come un amante della musica, sapeva infatti suonare il pianoforte ed era amante della liturgia che curava sempre con attenzione per la comunità dei padri anziani di san Leonardo.

Caro don Gino, mi hanno chiesto ieri: «Chi prenderà il suo posto?». Nessuno lo prenderà, tu sei stato unico e così rimarrai! Crediamo che il tuo esempio spronerà altri a trasformare e adoperare la vita per fare qualcosa di bello per il Signore e per gli altri, come lo hai fatto tu.

Te ne sei andato lontano dai tuoi cari che affettuosamente avrebbero voluto esserti accanto nel momento difficile del passaggio. Forse hai voluto risparmiare loro il dolore del distacco. Vicino a te c’erano quei giovani che hai sempre amato, un confratello Stimmatino ed alcuni amici in rappresentanza di tutti noi. Eri vicino alla gente e ai luoghi che hai sempre portato nel cuore e per i quali hai tanto lavorato. In quel luogo incantato  tra il verde di quei boschi inesplorati, lì, e in quel momento inaspettato, avrai sentito la voce di Gesù che ti diceva: «Ciao Gino, Sono Gesù».

Dal cielo prega per i tuoi cari, fratelli sorelle e nipoti, per i tuoi confratelli, per gli amici e benefattori.

Grazie, caro don Gino!

 

 

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