7 FEBBRAIO

 

 

 

DANIELE SIPIONE (benefattore)

 

Nato a Rosolini Siracusa 20.8.1930

 

Morto a Udine il 7.2.2013

82 anni

 

 

 

 

 

 

Daniele Sipione, amico dei lebbrosi

È partito per il grande viaggio verso l’eternità giovedì 7 febbraio 2013. Aveva 82 anni. Lui che di viaggi ne aveva fatti oltre 70 nella sua vita per visitare, farsi vicino e solidale con gli ultimi della terra, i lebbrosi, si era preparato anche all’ultimo appuntamento. Già da qualche tempo il suo cuore aveva dato segni di cedimento. Aveva già sofferto il suo cuore vedendo tante miserie lungo le strade, i viottoli, gli slums e le favelas di tante città e alla fine si è fermato. Ricordo ancora la prima assemblea de “I NOSTRI AMICI LEBBROSI” tenuta ad Udine nel lontano 1968. Non c’erano molte persone ma l’entusiasmo della partenza era contagioso. P. Pietro Marchesini che teneva a battesimo l’Associazione voluta fortemente da Daniele Sipione diceva: “Quest’uomo ha un cuore e una tenacia nel suo intento di farsi vicino agli ultimi della terra che ha dell’incredibile. Ma da dove gli viene tutta questa forza?” Daniele era proprio così: un testardo della vita, un innamorato dei poveri, che sapeva contagiare quanti gli erano vicini. La sua famiglia prima di tutto che ha saputo condividere i suoi sogni che lo portavano dovunque nel mondo, alle autorità civili e religiose che vennero coinvolte nei suoi progetti, ai tanti amici missionari con i quali aveva saputo stabilire contatti di grande solidarietà e vicinanza.

Memorabili alcuni incontri che ebbe con Madre Teresa di Calcutta che lo esortò a continuare nel suo progetto di farsi prossimo dei lebbrosi del mondo, con Marcello Candia che volle partecipare direttamente ad una assemblea dei primi anni ad Udine per incoraggiare questo intrepido uomo della solidarietà a tanti altri, capi di stato e autorità religiose che lo incoraggiarono sempre nella sua opera di promozione umana e sociale a favore degli ultimi.

Come Stimmatini dobbiamo dire un grazie immenso a quest’uomo generoso che si è preso cura di tanti poveri assistiti dai nostri missionari. In Brasile dove aveva iniziato con p. Vittorio Nardon a sostenere i dimenticati da tutti di Itobì; agli aiuti a p. Luciano Dal Zoppo e p. Guglielmo Decaminda a santa Cruz di Rio de Janeiro che avevano una marea di disperati che bussavano sempre alla loro porta. In Tanzania dove aveva ripetutamente risposto agli appelli di p. Cesare Orler e p. Sandro Di Tullio quando ad Hombolo erano giunti per dare vita alla nuova missione e si erano trovati di fronte a villaggi interi dove la lebbra mieteva decine di vittime. Ricordo ancora una visita fatta con lui e la sua signora Graziella ad Huruma, che in Ki-Swahili significa Misericordia. Le immagini di quelle donne e quegli uomini segnati dalla lebbra non si cancellarono più dalla sua mente. Continuava a ripetermi: “Ma è mai possibile che ai nostri giorni non si possa vincere questa terribile piaga che colpisce ancora tanta povera gente in questo continente?” C’era un dolore grande che gli attraversava il cuore perché si sentiva impotente di fronte ai bisogni del mondo con le poche risorse che riusciva a mettere a disposizione dei malati di lebbra.

I suoi orizzonti spaziavano ovunque. Dall’India alle Filippine, dalla Tailandia al Sud Africa, dalla Costa d’Avorio alla Cina: voleva arrivare dovunque, essere vicino a tutti. Li chiamò amici. Amici perché, diceva, «ci insegnano il bene, come il valore della salute e della vita; amici perché ci danno l’occasione di fare del bene; amici perché ci aiutano a uscire dalla morsa del nostro egoismo educandoci alla fraternità e ai valori che contano».

«Vedere le opere realizzate, che pure sono una goccia nell’oceano delle necessità, - diceva Sipione - è la gioia più grande. Così come incontrare lo sguardo di un lebbroso che non si sente più considerato un maledetto».

Grazie Daniele del tuo esempio e della tua testimonianza. Non ti dimenticheremo e continueremo sulla strada che hai aperto ad essere sempre accanto agli ultimi e ai dimenticati della terra perché questo ci insegna ancora oggi il Vangelo.

 

p. Lidio Zaupa

 

Da «Messaggero Veneto»

Addio a Daniele Sipione paladino della solidarietà

Udine, è morto a 82 anni il cancelliere che fondò l’associazione “I nostri amici lebbrosi”. Progetti realizzati in tre continenti. Lo incoraggiò anche Madre Teresa di Calcutta

di Anna Rosso

UDINE. Dopo aver dedicato la sua vita «ai più poveri tra i poveri», si è spento, all’età di 82 anni, Daniele Sipione, ex cancelliere del tribunale e fondatore dell’associazione senza scopo di lucro “I nostri amici lebbrosi”, che ha sede in città in via Poscolle. I funerali saranno celebrati domani alle 9 nella chiesa di San Giovanni Bosco (Bearzi).

Nel 1968, spinto dal desiderio di fare qualcosa di concreto per il prossimo, Sipione, traendo ispirazione dalla lettura di un articolo che raccontava la vita di un laico che aveva speso la propria vita per aiutare i lebbrosi, decise di fondare la “sua” onlus. Scelse i lebbrosi, gli ultimi tra gli ultimi, e al triste primato di emarginazione e di sofferenza seppe contrapporre un primato di amore e di amicizia. Li chiamò amici. Amici perché, diceva, «ci insegnano il bene, come il valore della salute e della vita; amici perché ci danno l’occasione di fare del bene; amici perché ci aiutano a uscire dalla morsa del nostro egoismo educandoci alla fraternità e ai valori che contano».

A partire dal 1977 si recò più volte nei “luoghi della lebbra”, in tre continenti e in trentasei paesi. Fece in tutto una settantina di viaggi di servizio. E fu in quello stesso anno che incontrò per la prima volta Madre Teresa di Calcutta, la quale lo incoraggiò a continuare nell’opera iniziata dicendogli: «Caro Daniele, ama Gesù nei lebbrosi e condividi questa gioia con gli amici che incontri».

Chiamato affettuosamente “il cancelliere dei lebbrosi” o anche “il globe-trotter della solidarietà”, Sipione ha portato a termine tanti progetti contro la lebbra, l'analfabetismo, la fame, costruendo ospedali, case maternità, scuole, asili, centri culturali, acquedotti, dighe e aiutando migliaia di persone nei modi più diversi, con contributi o con l’invio di medicinali, abiti e generi di prima necessità.

Le opere costruite e finanziate da “I nostri amici lebbrosi” (orfanotrofi, centri sociali, dispensari medici) sono sparse in tutto il Terzo mondo: India, Brasile, Tanzania, Etiopia, Burundi, Ecuador, Indonesia, Thailandia, Filippine, Perù, Bolivia e in altri Paesi. Piccoli e grandi ostacoli e malattie non riuscirono mai a fiaccare lo spirito solidale di Daniele Sipione che per il suo grande impegno è stato ricevuto da capi di stato, ha avuto tanti riconoscimenti ed è stato insignito di “premi della bontà” in diverse nazioni. «Vedere le opere realizzate, che pure sono una goccia nell’oceano delle necessità, - diceva Sipione - è la gioia più grande. Così come incontrare lo sguardo di un lebbroso che non si sente più considerato un maledetto».

Sipione, siciliano originario di Rosolini (Siracusa), lascia la moglie e tre figli. Le sue condizioni di salute si erano aggravate nell’ultimo periodo anche per problemi cardiaci.

08 febbraio 2013