12 SETTEMBRE

 

 

GIULIANO MELOTTO  (sacerdote)

 

Nato: Bevilacqua Verona – 31.10.1943

Professione temporanea 25.9.1961

Professione perpetua 1.11.1964

Ordinazione 22.6.1969

Morto a San Daniele del Friuli 12.9.2023

Età 79 anni

 

Il 12 settembre, verso le 22.15 p. Giuliano Melotto è stato chiamato alla casa del Padre. Da qualche settimana era ricoverato all’ospedale san Daniele del Friuli per un calo improvviso di pressione. Dopo il ricovero la situazione si è complicata. P. Giuliano aveva già avuto in passato diverse situazioni di fragilità fisica tra cui l’amputazione di una gamba nel 2017. Ma si era sempre fatto coraggio, quel coraggio che l’aveva spinto ancora giovane studente di teologia in Africa per completare gli studi ed essere ordinato prete nel 1969 a Pretoria. Per anni il suo impegno si è prodigato nel Winterveld, tra le comunità di Maboloka, Kiplgat, Jericho, Ten Morgen e tante altre. Fu lui ad accogliere i primi gruppi di volontari laici di Cerro per la costruzione di diverse chiese, asili, centri per anziani, ambulatori dove la gente arrivava per curarsi gratuitamente. Eravamo tra gli anni Settanta e Ottanta e questa collaborazione durò per tantissimo tempo, consolidata anche dai numerosi incontri che p. Giuliano faceva sempre durante le sue vacanze alla comunità parrocchiale di Cerro a cui si è sentito profondamente legato per tutta la vita.

Dopo 25 anni di presenza in Sud Africa, nel 1993 emigrò in Bostwana dove era richiesta la sua opera in alcuni villaggi vicino a Gaborone per quattro anni. Fu chiamato poi a Msolwa, in Tanzania, dove spese gli ultimi anni dal 1996 al 2003 come missionario impegnandosi a portare avanti i tanti progetti di promozione sociale avviati in quella terra dai padri missionari che l’avevano preceduto.

Ritornato in Italia per motivi di salute fece parte delle comunità di Poggiomarino, Napoli per due anni, Foligno-Vescia per cinque anni fino al 2012 ed infine a Gemona sempre accompagnato dalla sua vivacità missionaria che lo segnò per tutta la vita.

Ringraziamo il Signore per averci donato un confratello così generoso e disponibile e lo affidiamo alla sua luce perché continui nello spirito la sua presenza tra noi.

Il funerale sarà celebrato a Tricesimo, Udine, al santuario della Madonna Missionaria lunedì 18 settembre 2023 alle ore 10.00 e poi al Santuario della Madonna di Lourdes a Verona alle ore 15.30.

La salma sarà tumulata nella tomba degli Stimmatini a Verona. 

p. Lidio Zaupa

 

Riflessione di Silvano Nicoletto:

“Raccogli i miei pensieri, o Dio, in te. Tu sei la luce, sempre accanto a me. Tu sei l’aiuto; tu sei la pazienza. Misteriose le tue vie, ma tu conosci il cammino per me”. Così scriveva Dietrich Bonoeffer dal carcere di Tegel. Non era ammalato, ma si trovava comunque in una situazione che l’avrebbe condotto alla morte. Di fronte al limite estremo, la cifra del morire, nel suo cuore sboccia la vocazione ad abbandonarsi: “Tu conosci il cammino per me”. E allora, chi ha consegnato la sua vita a Gesù non conosce interruzione, continua il suo cammino nella fiducia.

      La salute di p. Giuliano è precipitata velocemente. Nutrivamo tutti la speranza che anche questa volta ce la potesse fare, invece, il Signore lo ha chiamato a condividere per sempre la vita risorta che Cristo ci ha donato. Va anche detto che la sua salute aveva accusato difficoltà assai importanti da molto tempo. Il suo ritorno dalla Tanzania, l’ultimo dei paesi africani nel quale visse e operò come missionario, risale ai primi del 2000. Fece ritorno in Italia perché tormentato da un tumore ad una gamba che dopo molti interventi (nella medesima situazione di malattia si trovò anche San Gaspare) si risolse con l’amputazione. Ma i problemi di salute non erano finiti, lo sappiamo bene.

      Avrebbe avuto motivi da vendere per ritirarsi a vita tranquilla di riposo, ma per lui, ciò che per altri sarebbe stato motivo per tirare i remi in barca, altro non era che dettaglio del tutto secondario. Di interrompere il lavoro nemmeno se ne doveva parlare!

      Io credo che il magistero di p. Giuliano consegni a tutti noi un profondo messaggio di “abbandono in Dio”, in modo non molto diverso da come ce lo consegnò San Gaspare Bertoni.

      Come è possibile riconosce la spiritualità dell’abbandono in Dio in un uomo molto attivo come p. Giuliano che una ne faceva e cento ne pensava?

      La parola “abbandono” si presta ad essere equivocata come rassegnazione, passività, inoperosità ecc.

Nell’attraversare difficoltà di ogni genere, soprattutto di malattia, le persone spesso si lasciano andare. Questo non è abbandono. La rassegnazione, il tirare i remi in barca, come si suol dire, altro non è che un rimanere inchiodati a sé stessi. Le reazioni alla sofferenza sono le più diverse. Noi non possiamo giudicare ma solo accogliere e rispettare. C’è chi si chiude a riccio per richiamare l’attenzione degli altri, chi indurisce il suo cuore per rimanere solo con il suo dolore e infine chi consegna il mondo ad altri perché ritiene ormai finito il suo compito su questa terra. Tutto ciò non apparteneva al modus vivendi di p. Giuliano. Non s’è concentrato su sé stesso ma continuamente ha saputo spostare il centro di sé fuori di sé.

      L’abbandono in Dio che noi apprendiamo da lui consiste nel saper guardare più in profondità e più lontano; sapere che il regno di Dio è di Dio e che lui sempre è all’opera; è la certezza che i frutti del Vangelo non dipendono dalle strategie dell’evangelizzatore ma dal Vangelo stesso. P. Giuliano sapeva bene che non spetta a noi raccoglierli. La nostra vocazione è continuare a seminare con fiducia. Ecco perché Giuliano non perdeva tempo a lagnarsi, a leccarsi le ferite, ma continuava a dedicarsi, consapevole che il Padre è sempre all’opera.

      Questa sua fede-fiducia nel Signore era la sorgente interiore a cui attingeva e da cui dissetava gli altri, in modo lieve e tenace, secondo lo stile che deriva dalla Grazia di Dio. Grazia che talvolta si manifestava nella gioia di condividere, nel mantenere i contatti con le persone conosciute in passato, soprattutto in missione, e perfino nello humor e nell’auto ironia.

      Gli avevano da poco amputato una gamba. Per muoversi necessitava della sedia a rotelle. Fu un periodo breve perché poco dopo si decise per la protesi e volle riprendere a guidare, adattando i comandi di guida. Mentre però era costretto alla sedia a rotelle, durante un incontro provinciale di formazione permanente, a San Leonardo, mi avvicinai per aiutarlo. “Giuliano, vuoi una mano?” gli chiesi. Forse lesse in me un’espressione di commiserazione che non faceva proprio il caso. “Piuttosto, vorrei una gamba” – mi rispose.

      Si comprende bene che per arrivare a questi livelli di umorismo, in quelle condizioni, uno deve essere sostenuto da una visione profonda e lungimirante. In pratica p. Giuliano sapeva guardare oltre gli ostacoli contingenti; sapeva fidarsi del Signore, sempre! Così, tutti i limiti che si sono affacciati nel suo percorso, compresi gli errori, sono divenuti per lui l’occasione per donare sé stesso al Signore, alla Chiesa e agli altri, senza possedere il monopolio sul Signore, né sulla Chiesa, né sulle persone. Da lui impariamo a camminare come discepoli missionari con lo stile proprio della Trasfigurazione. Nelle difficoltà e nelle crisi possiamo vedere la novità di Dio che irrompe al di là dei nostri progetti e pianificazioni.

      Infine vorrei apprendere lo slancio e l’entusiasmo da questo nostro fratello. In uno come lui la nostra consacrazione prende il nome di passione per il Regno di Dio.

 

Eulogy for P. Giuliano Melotto nel giorno del suo funerale, il 18 Settembre 2023, a Verona 15.30 nel Santuario della Madonna di Lourdes. P. Gianni Piccolboni.

Eulogy

Saluto ai presenti.

La festa del nome di Maria, 12 settembre, come una cometa luminosa, si è portata con sé la vita di p. Giuliano per trasformarla in una luce nuova, diversa, eterna: la luce di una vita risorta. Lo sgomento è stato grande quando appresi la notizia della sua inaspettata dipartita da questo mondo. Mi sembrava che il mondo si fosse fermato. Sentivo un senso di smarrimento e di solitudine. Dopo una sosta di preghiera silenziosa e confusa in cappella, ne sono uscito rasserenato. Siamo nel pianto perché il distacco da una persona cara è sempre un momento non facile da gestire. Poi, se si tratta di una persona carismatica, quale era P. Giuliano, è ancora più difficile. L’affetto, l’amicizia ha subito un colpo duro. Si fa sempre fatica a separarsi da una persona cara, con la quale si è fatto un bel pezzo di cammino assieme. C’è però anche la consolazione, alimentata dalla nostra fede, che è la certezza di una vita in Dio che P. Giuliano ha appena iniziato a vivere. Questa è la mèta che tutti noi abbiamo davanti e che vogliamo raggiungere. Pesco dal passato qualche ricordo per illustrare un po’ la sua personalità, pensando che sia anche un modo per colmare il vuoto che lascia e sentircelo ancora vicino. La prima cosa che mi passa davanti è una sua foto scattata prima di partire per il Sud Africa. Una foto che lo ritrae sulle scale del santuario della Madonna di Lourdes a Verona. Era assieme a P. Michele suo compagno di viaggio e di missione. Erano due giovani studenti di teologia che andavano a terminare i loro studi a Pretoria. Correva l’anno 1968. P. Michele, in seguito, sarà chiamato Masusumetsa: colui che smuove tutto e tutti e P. Giuliano non era da meno. Dopo più di trent’anni di missione, una ventina d’anni fa, P. Michele fu stroncato da una raffica di pallottole. P. Giuliano invece incominciava a avvertire alcuni sintomi di una malattia imperdonabile. Nonostante questo, aveva accettato di portarsi dal Sud Africa nella missione della Tanzania, che nel frattempo era diventata parte della vice provincia religiosa sudafricana, per dare man forte nell’organizzazione della missione e della nascente struttura scolastica. Era un ottimo organizzatore. In Sud Africa fummo nella stessa comunità per diversi anni. Eravamo in tre: P. Giuliano, P. Dusi Angelo ed io. Eravamo una comunità effervescente, creativa, propositiva. Io ero appena approdato in terra africana, loro due avevano già una buona esperienza missionaria. Spendemmo molti dopo cena, dopo lunghe e faticose giornate, a pensare come riorganizzare e rivitalizzare la Missione sulle orme tracciate dal Concilio Vaticano II. Si puntava a rinnovare la catechesi, le comunità di base, la liturgia e l’animazione vocazionale. Così mi rivedo assieme a lui, nei tardi pomeriggi, impegnato in incontri vocazionali che si protraevano nella serata, anzi nella notte in zone rurali, sparse e sperdute nello sconfinato Winterveldt, sulle piste sabbiose e polverose della savana sudafricana, nel buio incontrastato della notte, rotto solo dai fari dei nostri pic-ups carichi di adolescenti. Eravamo felici ed entusiasti di trasmettere loro la gioia e la bellezza di essere Stimmatini e di essere preti. Il rintocco della mezzanotte ci trovava spesso ancora per strada. Una sera al ritorno da questi incontri P. Giuliano mi disse: certamente il Signore benedirà questo nostro lavoro. Siamo un po’ incoscienti. Stiamo sfidando i pericoli della notte, in zone senza corrente elettrica, buie e pericolose, senza telefonini e senza contare il nostro rischio personale. Fu una profezia. Qualche anno dopo, aprimmo il noviziato. Ora, sono più di quaranta gli stimmatini dell’Africa Australe. L’animazione vocazionale, poi, prendeva di largo, estendendosi fino Lesotho, Botswana, Zambia e Malawi. Fu uno dei primi a iniziare la collaborazione o gemellaggio con la parrocchia di Cerro e con il loro Parroco don Tullio. Moltissimi volontari, donne uomini, muratori hanno avuto la gioia di recarsi in Sud Africa. Maboloka, Jericho, Mothotlung, Kgabalatsane, Brits erano nomi noti a Cerro. La missione aveva cambiato anche il volto del paese di Cerro, dove si tenevano incontri e convegni missionari, all’avanguardia in quegli anni, inizio 70. I ragazzi di Cerro, a scuola imparavano le preghiere in lingua Tswana, quella parlata laggiù. Quelli di Cerro qui presenti se lo ricorderanno. Essendo un missionario apripista, era fatto anche per iniziare nuove presenze stimmatine e così venne invitato ad aprire a Gaborone, capitale del Botswana, la prima comunità stimmatina. In Botswana eravamo stati più volte a predicare le cosiddette Missioni al Popolo. Settimane intensissime di incontri, di predicazioni e di visite di casa in casa. P. Giuliano ci sapeva fare, soprattutto sapeva coinvolgere e dare entusiasmo, vita e responsabile dignità ai collaboratori. Per dare attenzione alla sua malattia che incominciava a invadergli la gamba, fu invitato a venire in Italia dove le cure erano più rassicuranti. Con animo indomito affrontò i molti ricoveri e interventi chirurgici. Qui sull’esempio di san Gaspare Bertoni, fondatore degli Stimmatini, che pure lui ha subito innumerevoli tagli ad una gamba, ha dato prova di tanta pazienza, sopportando il dolore, i tanti interventi chirurgici e accanimenti terapeutici. Però non si è mai arreso e non ha mai rinunciato al suo apostolato: a Poggiomarino Napoli, a Foligno e poi a Gemona e a Tricesimo). Poi sette anni fa, venne il giorno fatidico del taglio della gamba. Provvidenzialmente ero nella sua stanza, nell’ospedale di Bologna, non appena si svegliò dall’anestesia dopo l’intervento. Ho colto le sue lacrime sconsolate, sembrava la fine. Poi scherzavamo sulla gamba che non c’era ma che lui sentiva e gli faceva prurito. Come suo ultimo impegno apostolico, gli venne affidato l’incarico dell’animazione di un santuario mariano dedicato alla Madonna Missionaria (a Tricesimo). Qualche anno fa, un signore collaboratore del santuario mi disse: non ho mai incontrato un sacerdote così creativo e così zelante. È straordinario. Numerosissimi sono i messaggi ricevuti in questi giorni dall’Italia, dal gruppo di ex allievi, dall’India (dove era stato per più mesi), dal Sud Africa e Tanzania. Cito anche un grande sacerdote di Verona, P. Sergio Marcazzan ora in casa di riposo: quanto vorrei essere con voi a rendere omaggio a P. Giuliano. Tu sai quanto ci vogliamo bene come missionari e come Veronesi. Mi unisco al vostro compianto con la preghiera di Suffragio. P. Giuliano aveva iniziato il suo viaggio missionario ai piedi del santuario della madonna di Lourdes a Verona nel 68 e lo concludeva nel 2023 sempre ai piedi di un altro santuario mariano, dedicato alla Madonna Missionaria e nel giorno della festa del nome di Maria. Coincidenza o provvidenza?! La Madonna è stata per lui la madre che gli teneva la mano. Ci teneva agli incontri di preghiera, ci teneva a animare le liturgie specie quelle domenicali. Ha sfogliato la sua vita per gli altri, sapeva ascoltare e mettere il cuore vicino alla gente e non si risparmiava pur di aiutare i più bisognosi. Era molto legato ai suoi parenti, al Paese che gli aveva dato i natali (San Marco e sant’Anna dei Boschi). E noi Stimmatini siamo loro grati per il bene che hanno voluto a P. Giuliano. Che dire? Non è stato un uomo perfetto. Era un peccatore come molti di noi qui presenti. Aveva le sue fragilità, le sue lacune e le sue debolezze. Attraverso la sua debolezza si è manifestata la grandezza di Dio che si serve di noi, fragili e poveri come siamo, per far valere la sua grazia e il suo amore e anche la sua misericordia. Preghiamo Dio che chiuda un occhio se sul piatto della bilancia dovesse mancare qualche grammo che, oggi, vorremmo colmare con la nostra preghiera. Aveva capito bene che il vangelo, alla fin fine, poteva essere ridotto a cinque parole che stanno sulle dita di una mano. Lo hai fatto a me. Sono certamente le parole che, in questo momento, Il Signore Gesù gli sta sussurrando: vieni, perché hai cercato di concretizzare il vangelo facendo della tua vita un dono. Sì, sei stato come un albero da frutto che generosamente ha offerto i buoni frutti a quanti passavano sotto i suoi rami. E, lo hai fatto a me. Bravo! P. Giuliano: Missione compiuta. Amen. 

 

 

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