terza parte

IL CONSOLIDAMENTO:

RINNOVARE E RICOSTRUIRE

LA SOCIETÀ

“per edificare e piantare”

 

2111       Ora questa stessa carità che S. Zeno trasmise dal suo cuore a quello dei Veronesi finì con l’eliminare ogni residuo dei vecchi mali e rinnovò e ricostruì la società. E la sua tempra fu così salda da non poter essere più corrotta né da tentativi di corruzione interiore né da assalti esterni.

S. Zeno fece così come quel saggio capitano che consolida la sua conquista con un nuovo regolamento interno e la rende inaccessibile per sempre al nemico esterno con la buona fortificazione. Anzi avrei dovuto dire meglio, questo grande padre e dottore fece proprio come egli stesso ebbe a scrivere acutamente in questa sua sentenza bellissima: “La carità viene trasfusa nel popolo” (1.2.4).

 

2112                Egli amava il suo popolo e si dette da fare perché il popolo amasse suo padre, mostrandosi tanto amabile quanto amoroso. I Veronesi vedevano ammirati nel loro vescovo tante virtù, tanta sapien­za e tanta carità e si affidarono tutti alle sue cure ed alla sua guida.

Diede allora, questo saggio, la legge al suo popolo: ma quale legge! Una legge che rispondesse al fine ed allo scopo ultimo di ogni saggia legislazione. Infatti «l’obiettivo di tutte le leggi è un’amicizia che stringa con un vincolo forte e soave la società» 3; e questo mutuo amore, radicato in un conte­sto civile, lega con un nodo reciproco le singole membra fra loro e tutto il corpo politico al suo capo.

 

2113                Ora la legge data da Zeno al suo popolo fu la carità che altro non é che una amicizia tutta santa; e fu la sua stessa carità che egli trasfuse nel loro cuore. “La carità passa nel popolo” (1.2.4). E così quella carità che era servita come arma di conquista, applicata ora all’uso di pace diventa mezzo e strumento di edificazione e di cura di questa nuova società.

La carità di S. Zeno é quel saggio architetto che ha posto solide fondamenta a questa Chiesa, e che per alzare con sicurezza la sua costruzione, prima sgombra il terreno e poi lo scava. La carità di S. Zeno é come quel coltivatore diligente che ha reso tanto fruttifera questa vigna e che, per piantarla bene, ha prima estirpato ortiche e rovi.

 

2114       Eliminare i rifugi dei demoni dai poderi dei cittadini, o gli abusi dalle opere, o le idee devianti dall’animo, sradicare le cattive abitudini dell’orgoglio o quelle dell’amor proprio, non è un’opera dura né lunga, quando é l’amore ad ordinarla e l’amore ad eseguirla. Il popolo vuole ciò che il Padre vuole, aborrisce le stesse cose che il Padre aborrisce, nella comunione di una perfetta amicizia di carità. I lupi sono diventati agnelli e seguono docilmente il loro pastore ovunque egli meni il suo gregge. Gli astuti e i superbi si fanno riverenti e semplici, e pendono obbedienti dalle labbra e dal cenno di chi li governa con tanta dolcezza. Né passa molto tempo fra lo sgomberare e l’edificare o fra l’estirpare e il piantare, né si accusa la fatica là dove la sola carità guida tutte le mani ed opera in ogni petto.

 

2115                Fortunata Verona! Per l’opera di Zeno o per la tua? Per quella di ambedue, perché non vi é più che un solo animo e cuore; costruita dalle fondamenta si alza e svetta in mezzo ai tuoi gioiosi edifici il primo tempio che, aperto solennemente, viene consacrato al nome di Dio.

Ma ancor più fortunata perché, nel giorno stesso in cui viene dedicato, per quanto ampie siano le sue dimensioni, vede talmente aumentato il numero dei fedeli da diventare piccolo per una tale moltitudine. Disse bene, allora, e con molta grazia S. Zeno ai suoi Veronesi: « Dal fatto che questo luogo non ci contiene, si comprende come la vostra fede è piena di Dio” (1.14.2), e dimostra anche bene che se la carità é un fuoco che non si spegne mai, ed é rapido nel progredire e nel crescere, egli questo fuoco aveva imparato a conoscerlo bene, e lo aveva comunicato ai suoi figli in tutto il suo fervore.

 

2116                Ma già la carità operosa di S. Zeno medita e compie un’impresa nuova e ben ardua, quasi ad emulare in terra la gloria del cielo. Ecco fondato in Verona il primo monastero per vergini: il primo che si vede in questa chiesa, ed il primo che tutto l’Occidente veda ed ammiri e celebri nella sua storia; perché se nella Chiesa cattolica la verginità fu sempre massimamente stimata e curata fin dai primi tempi, S. Zeno non é contento di avere un gran numero di vergini consacrate a Dio e, come allora si usava, abitanti castamente nelle loro case private; vuole che la sua chiesa, ormai pubblica, sia abbellita ed ornata della sua gloria migliore, portando molte di queste vergini a professare solennemente i loro voti e convivere in una  comunità di vita religiosa e perfetta.

 

2117                Così questo saggio architetto aveva ben fondata, costruita a dovere ed anche abbellita la sua co­struzione; ma voleva conservarla e ben sapeva che se non é Dio a costruire la casa e a custodire la città, vani sono l’opera e l’impegno dell’uomo. Ora lo Spirito di Dio per abitare e soggiornare non si edifica altro tempio all’infuori delle nostre anime; ed il suo tempio é santo e ammirabile per la sua giustizia. Per questo egli si impegnò a coltivare diligentemente nel suo popolo ogni forma di virtù e di perfezione, in modo che diventasse, con l’aiuto della grazia divina, il tempio santo di Dio e la città degna del soggiorno del Re del cielo.

 

2118                Magari potessi io leggervi qui i suoi sermoni, per farvi scoprire la diligenza di questo studioso e la sua perizia nel seminare, piantare, irrigare il bel giardino della sua chiesa novella ed lodare la pudi­cizia, esortare alla verginità, lodare la giustizia, e soprattutto esaltare la carità.

E, ciò che più meraviglia, mentre esalta la virtù più bella e perfetta, il Padre deve fare l’elogio più tenero e più dolce dei suoi figli; cosicché quando questo santo Pastore radunava in chiesa il suo popolo, sembrava che là fossero accolte e riunite in bell’ordine tutte le virtù. E la fragranza di tanta soavità non si restringeva a quel luogo ma si espandeva tutt’intorno, e fino nelle province più lontane era conosciuta e predicata la pietà dei Veronesi.

 

2119          Si vede bene l’opera della mano di Dio, “una meraviglia ai nostri occhi” (Sl. 117, 23): una città finora tutta idolatra e sepolta nei vizi, all’improvviso viene tutta rigenerata alla fede; ed una volta nata e  subito assediata da errori pestiferi, si ritrova ad un  tratto non solo libera e risanata, ma addirittura perfetta in ogni genere di virtù ed incorrotta nella fede; e la sua carità non affievolita continua a vivere nei nostri cuori dopo tanti secoli di pericoli e tentazioni. Per progettare e condurre quest’opera gloriosa, per metterla in atto, ossia per conseguire la conquista di questo popolo, renderla stabile e perpetuarla, Dio volle avere come coopera­tore e ministro Zeno, cui at­tribuì la gloria di fondatore e padre di questa sua chiesa veronese.

 

“Ecco, oggi stesso ti stabilisco sopra le nazioni e sopra i regni per sradicare e demolire, per abbattere e distruggere, per edificare e piantare”.

 

2120       Anzi, perché gliene venisse una gloria maggiore, quella propria di coloro che hanno fondato la chiesa col sangue 4  volle che egli fondasse anche la sua Chiesa di Verona, in considerazione della sua solenne confessione di fede, nella quale, se di fatto è venuta a mancare la spada del carnefice, tuttavia non è mancata la predisposizione al martirio che gli ha dato buon diritto anche a questa parte di gloria, come ebbe a dire lui stesso: “In qualche modo è partecipare al martirio... il non aver avuto paura del supplizio del martire” (II. 70).

 

2121                Ben si può dire quindi, applicando al nostro Santo l’immagine di Isaia, che S. Zeno fosse quel se­rafino, acceso di carità soave, efficace, illuminata ed attiva, che toccò con il carbone ardente della parola divina le labbra immonde di questo popolo che era stato contaminato e diviso dalla superstizione diabolica e dalla perfidia ariana: e che rinnovato e rifondato da quel contatto con il fuoco vivo della carità, fu riunito nella confessione del nome di Cristo e mondato da ogni sozzura.

Le molle in mano al nostro santo Dottore, che tenevano il carbone accostato alle labbra, sono le Sacre Scritture dell’Antico e del Nuovo Testamento, che egli esponeva al suo popolo per mostrare la vera fede. Le Sacre Scritture mantengono saldi i credenti e staccano i non credenti dall’unità cattolica: di conseguenza la chiesa di Verona, fondata da questo Padre e ammaestrata dalla sua dottrina, fu gloriosa ed esente da macchie di vizio o di errore e da rughe di difetti e di vecchiaia.