Approvazione civile

 

La maggior parte dei cittadini veronesi era favorevole all’erezione del Santuario sopra il colle s. Leonardo. Per motivi religiosi, ambientali e di prestigio. Anche la possibilità di poter accedere su quel colle, prima precluso da divieti militari, aveva il suo peso. Infatti poter abbracciare dall’alto con lo sguardo l’incantevole città dava profonda soddisfazione al cittadino e avrebbe accresciuto l’amore e la stima di Verona, città d’arte, presso gli stranieri. Fu questo il sentimento del "primo cittadino" Giovanni Uberti quando vide la "sua" Verona dall’alto del colle.

Non tutti però la pensavano così. Alcuni vedevano di malocchio la trasformazione del "vecchio maniero" in Santuario mariano. Ciò per motivi ambientali, storici, artistici ed anche forse nel subconscio per motivi laici: «I religiosi occupano sempre i posti più belli!».

Uno "studioso" d’arte e di ambiente mi disse che lì, invece di una chiesa, ci vedeva meglio una villa. Un altro sempre amante d’arte e di paesaggio diceva all’ing. Loredan: «Una chiesa va bene su un colle, solo se quello è terminale di una catena di colli. Ciò che non si verificava nel caso del colle s. Leonardo». Al che l’ingegnere rispondeva prontamente: «Guarda che ti sbagli» e gli dimostrava che il colle s. Leonardo era un vero colle terminale, quindi lassù, secondo la sua teoria, ci stava proprio bene il Santuario di Lourdes.

Da principio erano voci isolate, ma quando fu aperta la strada e stava sorgendo l’edifico della Scuola Apostolica, le voci di allarme divennero più insistenti. Qualche persona autorevole cominciò a scrivere sulla stampa locale contro lo "scempio" della collina e lo "sgorbio di un nuovo mastodontico edificio". Apparvero alcuni articoli sul giornale locale "L’Arena" di un certo Polinnio, pseudonimo non so di chi, e vennero disturbati anche il Gazzettino di Venezia e il Corriere della Sera. Naturalmente erano chiamati in causa il Comune e la Soprintendenza e veniva sollecitato il loro intervento per la salvaguardia della collina e l’identità di Verona. (Doc. 13).

La cosa cominciò ad impressionare i nostri più vicini collaboratori: Gazzola, Loredan, Rossi de’ Paoli. Vi era il pericolo che l’Amministrazione Comunale, sensibile a queste pressioni, ponesse remore, ostacoli o veti alla costruzione.

 

Premessa. Noi Stimmatini avevamo sempre pensato ed agito secondo quello che ritenevamo norma di legge. Tutte le pratiche di ricostruzione vennero impostate secondo le direttive ministeriali. Queste contemplavano che tutto passasse dal Genio Civile, poi dal Magistrato delle Acque di Venezia e infine dal Ministero, per averne l’approvazione. Per la ricostruzione delle chiese ed altri edifici ecclesiastici era inoltre prescritta la previa approvazione della Pontificia Commissione per l’arte sacra. Non erano previste altre autorizzazioni, né comunali, né regionali. Molte volte i dirigenti dell’Ufficio del Genio Civile e del Ministero avevano assicurato che nessun’altra autorità poteva intervenire: ubi maior, minor cessat. Quindi eravamo o pensavamo di essere in una botte di ferro.

Esposi questa nostra convinzione nell’incontro Gazzola, Loredan, Rossi de’ Paoli. L’ing. Loredan non era del tutto persuaso e con la sua consueta signorilità si espresse: «Mi pare una cosa strana e poco rispettosa che una città veda sorgere un complesso così importante e non possa esprimere il suo parere in merito, ma debba sottostare ad una decisione che viene da fuori. Possibile che il Comune e la Soprintendenza non possano dire niente dal lato artistico ed ambientale, per una realizzazione che modifica l’aspetto di Verona?».

In ogni caso egli riteneva che fosse opportuno e prudente di non far valere questi diritti e di presentare ogni cosa secondo la prassi normale, al Comune. Ugualmente con la Soprintendenza, per quanto era di sua competenza.

Tutti d’accordo: l’ingegnere avrebbe pensato per l’approvazione da parte del Comune, e Gazzola da parte della Soprintendenza, e Rossi de’ Paoli si impegnava a preparare il plastico del Santuario con le parti accessorie e di inviarlo a Verona. Io fui pregato di interessarmi del problema stampa, incontrando il direttore de L’Arena.

In effetti, un giorno mi presentai a lui. Mi ricevette cortesemente. Non ricordo se fosse stato allievo delle Scuole alle Stimate. Parlammo degli articoli apparsi sul suo giornale, ostili all’erezione del Santuario. Egli mi disse della libertà di espressione che hanno i singoli articolisti e mi propose di incontrare l’autore degli scritti, allo scopo di chiarire con lui il nostro punto di vista.

L’incontrai di fatto e ci illuminammo a vicenda. Ricordo di avergli detto che noi pure ci preoccupavamo dell’immagine di Verona dal lato artistico e paesaggistico. Che il forte s. Leonardo non aveva alcuna originalità. Che l’architetto aveva intonato la costruzione alle forme sammicheliane, caratteristiche di Verona.

Che la zona sarebbe stata aperta ai cittadini, meta di visitatori e turisti. Insomma, una nuova perla inserita armonicamente nel paesaggio e nell’insieme monumentale della città.

Non so se le mie argomentazioni venissero condivise, ma perlomeno era stata chiarita la nostra buona disposizione ad accogliere e rispettare le altrui vedute. Fatto sta che gli scritti che esprimevano opposizione, almeno su L’Arena, diradarono e vennero a cessare.

I sindaci di Verona sono stati sempre favorevoli all’erezione del Santuario sul colle s. Leonardo. Dapprima il vice sindaco Trabucchi, che ci favorì in ogni modo. Uberti, che aveva accettato di essere nella Commissione proposta da p. Fantozzi per il Santuario. Così pure il prof. Giorgio Zanotto, eletto successivamente.

Egli era ed è tuttora ammiratore e grande amico di p. Alziro Furlanis. Aveva insegnato nella Scuola delle Stimate, iniziando il suo curriculum proprio a Sezano, durante e subito dopo la guerra. Grande cristiano nel privato e nella vita civile. Raccontava padre Alziro che, quando Zanotto accettò di fare il sindaco di Verona, dovette rinunciare a tenere la contabilità di due grandi aziende cittadine, privandosi dell’onorario di parecchi milioni al mese, compensato dalle briciole che venivano allora passate per l’ufficio di Sindaco.

La cronaca di s. Leonardo, il giorno 29 luglio 1956, riporta: «Venne a farci una visita graditissima il neoeletto sindaco di Verona, prof. Zanotto».

Ebbi parecchi incontri con lui, e si dimostrò sempre cordiale e disponibile. Tuttavia cominciò a diradare la sua presenza quando i giornali sollevarono il problema del Santuario, chiamando in causa pure l’Amministrazione Comunale. Un po’ timido per natura, un po’ perché non voleva creare problemi all’Amministrazione e a noi Stimmatini, un po’ perché vedeva che gli oppositori non avevano tutti i torti, cercò di rimanere nell’ombra. Giunse al punto che, per evitare di compromettersi e inasprire le polemiche, non si presentò alla posa della prima pietra del Santuario (31 maggio 1958), ma incaricò un suo rappresentante, sebbene fosse stato espressamente e personalmente invitato.

Nel frattempo l’ing. Loredan si dava da fare per predisporre e presentare i progetti in Comune. Nutriva speranza, anzi certezza, che sarebbero stati approvati senza eccessive difficoltà. Tra i membri della Commissione Edilizia del Comune, incaricata di esaminare i progetti, vi era il geometra Rinaldo Sonato, di Tomba Extra, il quale lavorava nel suo studio. Questi contattò tutti i colleghi e riferì all’Ing. Loredan delle loro buone disposizioni, soddisfatti dal fatto di poter avere il progetto, di esaminarlo e di esprimere le proprie osservazioni.

Ma l’ingegnere voleva prima avere il plastico, per unirlo ai progetti, sicuro che ciò avrebbe favorito l’impressione di un’opera veramente degna di Verona. Sollecitava spesso l’architetto Rossi de’ Paoli ad accelerare i tempi.

Il plastico arrivò a Verona proprio nel momento giusto. Riporto una nota di cronaca del 21 maggio 1958: «Arriva da Roma il plastico del Santuario della Madonna di Lourdes. Alcuni operai dell’impresa Andreotti iniziano il lavoro per sistemare il piazzale ove si svolgerà la cerimonia della posa della prima pietra. Il sindaco di Verona prof. Zanotto accompagnato da p. Cappellina viene a vedere il plastico del Santuario» (Bert. 1958, p. 59). Era tanta la voglia di documentarsi!

Il plastico rimase a s. Leonardo fino al 31 maggio, quando fece bella mostra di sé presso i numerosi intervenuti alla cerimonia della posa della prima pietra. Poi venne portato in Comune, nel palazzo Barbieri, visibile non solo ai tecnici incaricati dell’approvazione, ma anche agli altri amministratori, impiegati, e ai cittadini.

Qualche giorno dopo la cerimonia, ancora addolorato e "irritato" per l’assenza del Sindaco, lo chiamai al telefono e gli espressi la delusione degli Stimmatini e il loro profondo rammarico. Poi, in una sfuriata, gli dissi: «Si ricordi che se il Santuario della Madonna non verrà costruito sarà per colpa sua!». Egli mi rispose, cercando di quietarmi: «No, no, vedrà che tutto andrà bene, stia tranquillo, tutto andrà bene».

Il progetto, con disegni, relazione, computi ecc., fu presentato il giorno 5 agosto 1958. Venne immediatamente esaminato dalla Commissione Edilizia, la quale avanzò alcune richieste di delucidazione. Ricevuta la risposta da parte dell’architetto ed esaminato nuovamente il tutto, espresse parere favorevole all’approvazione del progetto, suggerendo alcune modifiche da apportare in fase esecutiva. Questo il 28 agosto 1958.

Il Sindaco, forte del parere della Commissione, si premurò di concedere il Nulla Osta per la costruzione del Santuario. Porta la data del 12 settembre 1958.

Recependo poi il parere della medesima Commissione, suggeriva di apportare delle lievi modifiche al progetto, tra cui: eliminare il motivo dei timpani sulla prima copertura, coprire la cupola con lastre di rame, togliere il prospetto sul piazzale, piantare degli alberi lungo la strada sottostante il muro di sostegno. (Doc. 14).

 

Ricordo che un giorno, subito dopo la firma del Nulla Osta, il prof. Zanotto mi fece chiamare al telefono e mi comunicò di aver dato l’approvazione per la costruzione del Santuario. E aggiunse: «Ha visto? Non le avevo detto che tutto sarebbe andato bene?». Ringraziai commosso e confuso, e chiesi scusa per le mie precedenti escandescenze.

Per quanto riguarda l’approvazione da parte della Soprintendenza (oggi: Beni Culturali) conosco poco o nulla. So che il prof. Gazzola ricusò di prendere lui stesso ogni decisione, sia per correttezza, sia per opportunità. Sapeva di essere troppo coinvolto nella faccenda, perciò preferì che altri esaminasse il progetto e decidesse in merito.

Venne incaricato dal Ministero un architetto che si chiamava Franco (non ricordo il nome) e proveniva da Venezia. Il giorno del sopralluogo a s. Leonardo, erano presenti Rossi de’ Paoli, Gazzola, io e l’immancabile ing. Loredan. L’ispettore fece un breve giro sul piazzale, per rendersi conto dell’ambiente, prese visione dei disegni, ma si fermò più a lungo ad esaminare il plastico del santuario, o bozzetto, come più spesso lo chiamava Rossi de’ Paoli. Ricordo che rimase convinto e presentò all’architetto i suoi sinceri complimenti. Suggerì solo di usare negli archi una forma più "massiva". Ciò che l’architetto accettò e realizzò in fase esecutiva. (Doc. 15).

 

Nelle note di cronaca di s. Leonardo (dopo il 21, e prima del 29 giugno 1958 il cronista non era un patito per le date!) si legge: «Un ispettore del Ministero del Lavoro (sic!) viene a vedere il plastico del Santuario, che dal lato paesaggistico definisce veronesissimo». (Bert. 1958, p. 60).

Tra parentesi: esiste ancora quel plastico o bozzetto presso il Santuario, conservato gelosamente per i posteri, racchiuso in un ambiente... introvabile!

Finite tutte queste operazioni potevamo tirare un respiro di sollievo. Finalmente avevamo le autorizzazioni, potevamo contare sul primo finanziamento da parte del Ministero dei Lavori Pubblici, le opposizioni della stampa erano diminuite di intervento e di tono. Si poteva iniziare la tanto sospirata costruzione. Ma...!

 

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