A PECHINO NESSUNO CI ACCOGLIE - 9/15 dicembre 1932

Passato il fiume Giallo sopra un lunghissimo ponte di più chilometri, ci precipitammo verso Tientsin. A Tientsin ci siamo fermati circa un'ora, senza aver potuto veder niente, e poi via di corsa per Pechino. Finalmente siamo giunti, finalmente potremo, dopo tanto tempo, vedere una faccia di stimatino, di un nostro missionario forse sarà D. Martina, certamente sarà lui. Arriviamo alla stazione, nessuno; aspettiamo lì al freddo per mezz'ora, nessuno. Capperi, ma che cosa è successo?

È successo, che da soli come tanti uccellini sperduti, accompagnati da un buonissimo ufficiale francese, che si trovava di servizio alla stazione, siamo andati bei belli alla Delegazione Apostolica, dove Mons. Costantini ci ha accolti e ci ha dato un buon piatto di maccheroni. Qui tutto il fatto. Ma e perché questo equinozio?

Perché cari miei, perché quel buon P. Abeloos invece di mandare il telegramma, come avevamo stabilito noi, a D. Martina ad Yihsien, l'aveva indirizzato alla Delegazione Apostolica, la quale Delegazione Apostolica, sapendo che P. Pancheri si trovava a Tientsin per affari, pensava che fosse pure andato per ricevere i nuovi missionari, ondeché le parve molto strano quel telegramma ad essa Delegazione indirizzato, perocché P. Pancheri che non sapeva niente, come tutti gli altri missionari, del nostro arrivo, l'aveva sentito dire e letto sul Per il Bene, da Suor Vincenza all'ospedale di S. Michele, e questa Suor Vincenza riferiva alla Delegazione, che P. Pancheri era di tutto informato, per la qual cosa avrebbe certamente anche pensato ai nuovi missionari. Tutte belle parole. Il fatto si è che noi siamo a Pechino e D. Pancheri è a Tientsin, e per lo più in missione non sanno niente del nostro arrivo. Per incominciare a disbrogliare la matassa abbiamo subito telefonato a Tientsin, ci siamo alloggiati alla Legazione Italiana nella casa fatta apposta per i missionari, ci siamo messi in pace e stemmo modestamente ad aspettare. Intanto visiteremo un po' la città, faremo quattro chiacchiere insieme come il solito e di notte, per non sbagliare, dormiremo. Va bene. Incominciamo subito.

Prima di tutto devo dire che alla Delegazione fummo accolti benissimo, da parte di Monsignore, che, poveretto, si trova a letto da più giorni, e così pure da parte di Mons. Antoniutti e di D. Commisso, l'uno segretario della Delegazione, l'altro segretario del Delegato. La Delegazione è un bel palazzo in stile cinese, ricco di fregi e di maioliche: fu un dono dei cattolici di Pechino, prima era il palazzo di un principe. Avendo di sopra nominato senza tanti preamboli l’ottima suor Vincenza, credo necessario e conveniente dire chi è, tanto più che proprio il giorno in cui siamo arrivati a Pechino, abbiamo avuto l’onore di farne la conoscenza. Suor Vincenza è una suora, che conta ormai 44 anni di Cina, che vide e visse i terribili tempi dei boxers, che ne fu salva solo per miracolo, benemerita quanto mai, che rappresenta da sé sola una storia, una santa suora, italiana, che gongola dalla gioia ogni qual volta vede un nuovo missionario, che lo accoglie come l'inviato di Dio, a cui dà, come una buona mamma, i saggi suoi consigli, piena di tenerezza e di premura, per il quale si getterebbe nelle fiamme e intanto gli offre le sue mentine, perché si addolcisca la bocca, perché si curi un po’ la tosse. Tutti la venerano, tutti la stimano, tutti le vogliono bene.

Ormai non si regge più sulle sue stanche e povere gambe, non può più servire quelli che vengono alla farmacia, ma è sempre lì seduta sulla sua sedia, che fa la calza, che prega, che dice la buona parola a quello che viene, a quello che va. Al tempo dei boxers fu spettatrice di tante cose, vide la Madonna, l'Arcangelo S. Michele, gli angeli in schiera difendere i cristiani perseguitati: ce l'ha raccontato essa con gli occhi luccicanti dalla commozione. E quando dovevano prenderla insieme con le sue consorelle e che i soldati sono passati via senza vederle, come qualcuno le avesse nascoste! Ah! Che tempi, e averli vissuti!

Dinanzi a questa santa suora vi sentite tanto bene, non vi stanchereste mai di udirla. Sempre e dovunque la santità rapisce, sempre e dovunque ma specialmente quando si manifesta nella sua forma più semplice e più schietta.