Gino Moro (1901-1977)

È nato a Milano nel 1901.

Diplomato nei corsi di pittura all’Accademia di Brera, vi insegnò per diversi anni. Ha conseguito regolarmente importanti premi in Italia e all’estero.

Artista eclettico tratta la figura (nudo), il paesaggio e la natura morta.

Ogni suo quadro è la traduzione di un universo spirituale pittorico, dove sarebbe vano cercare una delimitazione precisa fra elementi poetici ed elementi pittorici. Quando dipinge, l’artista procede liberandosi progressivamente da una tecnica prestigiosa che egli decanta e filtra mediante la luce tono.

Morì a Castel d’Arquato nel 1977.

 

 

La composizione è divisa in due parti: in primo piano don Gaspare seduto con tre ragazzi inginocchiati devotamente ai suoi piedi; in alto a destra Gesù e i bambini di cui uno sulle ginocchia.

Il simbolismo religioso è evidente: la predilezione di Gesù per i piccoli (Lc 18, 15-17) si riflette sul sacerdote della gioventù.

C’è una simpatia immediata tra gli uomini di Dio e queste sue piccole creature. Li unisce la presenza misteriosa della luce divina: si capiscono al primo incontro, solo con lo sguardo e il gesto di accoglienza.

L’azione educativa del Bertoni e degli Stimmatini è vista come continuazione di quella di Gesù Cristo.

Al giovanissimo sacerdote don Bertoni fu detto un mattino di festa: «Don Gaspare avete l’aria di un missionario, d’un missionario dei fanciulli».

Fu come la sua vocazione personale nell’ambito di quella sacerdotale.

L’intento del pittore è quello di rappresentare questa idea.

Ogni vocazione nasce dalla partecipazione alla pienezza del Cristo. E qui il gesto di don Gaspare è del tutto uguale a quello di Gesù. «Lasciate che i bambini vengano a me e non glielo impedite» aveva detto Gesù. E prendendoli fra le braccia e ponendo le mani sopra di loro li benediceva (Mc 10, 14).

Il gesto di don Gaspare è più contenuto di quello della scena di Gesù, la quale a sua volta appare una riproduzione d’un quadro già tradizionale e famoso.

Ma più che l’aspetto artistico qui che colpisce è l’equilibrata disposizione delle due scene: ogni linea del comportamento di don Gaspare è il riflesso di quello ideale del suo Maestro.

Qui i bambini sono tre e potevano essere anche di più, ma l’uomo di Dio non dà mai benedizioni generali.

Dio va sempre alla singola persona: così il santo, l’uomo di Dio.