Angelo Recchia (1816-1882)

Nacque a Verona nel 1816. Studiò all’Accademia cittadina Cignaroli ed ebbe come maestro il purista Giovanni Caliari (1802-1850) che lo educò al gusto e alla imitazione dei classici del ‘500 veronese e del grande Raffaello. Per questo attaccamento al passato fu tacciato di conservatorismo dai suoi contemporanei veristi.

Lavorò dal 1840 al 1870. Le sue opere, in gran parte di carattere religioso, lo fanno un pittore di buona mano, eclettico, con preferenza per i ritratti dai quali emana luce e vitalità.

Partecipò a diverse esposizioni e restano di lui varie opere anche profane tra cui Ragazzo e ragazza al sole, particolarmente espressiva.

Le sue preferenze erano per i ritratti e le opere religiose, dove spicca il suo "segno duro" di pittore vecchia maniera, benché usi colori chiari e smaltati.

Costretto a dipingere per vivere, morì povero al ricovero di mendicità di Verona nel 1882. Di lui, oltre che di don Gaspare Bertoni, abbiamo i ritratti di

Maddalena di Canossa,

Vincenza Maria Poloni (1855),

Domenico Pompei arciprete di San Fermo (1855)

Giuseppe Maria Belloni arciprete della Cattedrale.

Il dipinto si trova a San Leonardo - Verona.

 

 

Don Gaspare Bertoni è colto in uno degli atti più consueti della sua vita, quello della meditazione personale.

Seduto al tavolo, ha un contegno molto composto e richiama immediatamente la presenza di Dio. Benché rivolto per un attimo a chi lo ritrae, non viene distratto minimamente dai suoi pensieri.

Dal volto si irradia una luminosa vitalità.

La croce e il piccolo libro hanno la preminenza assoluta su tutto il resto che sembra svanire nella penombra. È l’uomo di Dio immerso in un altro mondo. Chi lo guarda ne viene intimamente soggiogato provando nell’anima una vera voglia di santità.

Quello di Angelo Recchia è uno dei primissimi ritratti di don Gaspare Bertoni, eseguito dopo la sua morte. Lo dice il Bertoniano del luglio 1921; parla di un "Antico dipinto del pittore Recchia che, a detta dei nostri vecchi Padri, è il migliore che rappresenti le sembianze vere del nostro venerabile Padre".

Da questo dipinto è stato poi riprodotto in modo perfettissimo il ritratto dichiarato "ufficiale" del venerabile Fondatore, per la diffusione.

È come la sintesi artistica dei tre ritratti precedenti.

Il sacerdote Giovanni Battista Carrara scrive di questo ritratto: «Com’è bella e parlante questa effigie! Come da questo volto paternamente grave traspare il senno, la bontà di un cuore di apostolo, di un’anima di Serafino! Vi si vede la conferma della universale opinione ch’Egli era un santo, è un pressante efficace invito a seguirne, come sia possibile, le tracce luminose».