LE FASI DELL’IMPERO CINESE 

L’età mitica della Cina risale a 2700 anni avanti Cristo. In essa vengono ricordati tre sovrani che inventarono il fuoco, il dominio sugli animali e l'agricoltura. Sono proprio le tre caratteristiche del popolo cinese. 

L’età leggendaria, più o meno accertata, va dal 2500 al 2300. In essa vengono ricordati due imperatori famosi: HUANG-TI e YAO.

Dal 2356 (Imperatore YAO) si fa partire la storia ininterrotta della Cina. 

Dal 2200 al 200 a.C.: cioè in due mila anni si ebbero tre Dinastie: HSIA, SHAN YIN, CHOW. La terza durò mille anni e ridusse la Cina allo stato feudale. Gli ultimi 200 anni di questo periodo vengono indicati come “periodo delle guerre”. 

A quei tempi la Cina si trovava nelle pianure che si estendono fra il Fiume Giallo a nord e il Fiume Azzurro a sud. Se adesso si estende per nove milioni di chilometri quadrati, allora sarà stata di 100 mila chilometri quadrati, e poi piano piano, si sarà fatta sempre più grande.  

Nel 200 a. C. si ebbe una prima unificazione dei molti feudi e principati per opera di Che-Huang-Ti, famoso imperatore. Ma le dinastie erano ancora molte, e così durarono fino al 1000 dopo Cristo; più o meno alleate, e più o meno concordi. Una dinastia potente fu quella dei Tang: dal 600 al 900. Le fecero seguito “le cinque dinastie”. 

Dopo di loro comparvero i SUNG (950-1270) che prima comandarono su tutta la Cina, e dopo soltanto su quella meridionale (1127). A nord si affacciarono allora i Mongoli (Tartari): la prima razza straniera di invasori che ben presto diventarono padroni di tutto il territorio cinese. 

I Mongoli costituirono la dinastia YUAN e comandarono tutta la Cina per cento anni (1270 - 1370). Fu al loro tempo che Marco Polo arrivò in Cina (1270 - 1290).

Fu al loro tempo che Giovanni da Montecorvino fu proclamato Patriarca e Fondatore della Gerarchia Episcopale di Estremo Oriente. 

La dinastia MING (1370 - 1650), nazionalista cinese, scacciò i Mongoli e dominò per 300 anni. Nazionalista ardente fece scomparire tutte le tracce cristiane e straniere.

A sua volta poi fu scacciata dai “CIN”, che erano stranieri Mancesi. Furono essi che diedero alla Cina l’ultima dinastia imperiale (1650 - 1912). 

I CIN portarono la Cina alla sua massima estensione di potere: quella di adesso, e anche molto di più. Furono essi che arrivarono al Tibet e poi anche in Indocina (Laos-Vietnam-Cambogia) e in Birmania.

La loro fine fu misera e desolata.

Tao Kuang (Imperatore dal 1820 al 1850), ha una tomba all’Ovest costruita con grande economia. (LIANG-KO-CHWANG = YI-HSIEN).

Dal 1850 al 1860 regnò Hsien-Fong: figura sbiadita.

Dal 1860 al 1900 alla Corte di Pechino imperava una donna, che era prima concubina, ed era diventata imperatrice perché aveva fatto il figlio maschio, erede del padre. Esso si chiamava Tung-Ge (1862-1875) e morì a soli 19 anni. Gli fu sostituito il cugino Kuang-Hsu che aveva soltanto quattro anni.

Il nome di quella donna imperiosa era Tze-Hsi (1835-1910). Era astuta, intelligente e senza scrupoli. Dirigeva l’Impero come un despota, sempre appoggiata dai più rigidi conservatori. 

In tutto il 1800 anche in Cina c’erano stati dei moti rivoluzionari: il più famoso e lungo fu quello di Tao-Ping.

Ci furono delle aperture anche verso l’Occidente.

Kuang-Hsu (1875-1908) era stato lusingato dai riformatori moderni e per questo motivo la vecchia Tze-Hsi lo fece mettere in prigione (1899) dove poi morì avvelenato per intrighi di corte.  

Se la Cina avesse potuto fare come il Giappone: modernizzarsi senza abbattere la struttura imperiale, al giorno d’oggi sarebbe dieci volte più potente del Giappone.

Nel 1894 il Giappone fece guerra alla Cina, e le tolse la Corea, l’isola di Formosa (TAI-WAN) e l’influsso su tutta l’Indocina e la Birmania.

Nel 1900 gli occidentali fecero la loro parte o le loro parti. Ma quello che è più vergognoso per noi europei sono due cose:

1 - La guerra dell’oppio, fatta dall’Inghilterra per avere il diritto di portare l’oppio in Cina: 1839 - 1842.

2 - Avere importato in Cina il Comunismo nel 1920: peste universale molto più dannosa dell’oppio.

Senza queste rovine la Cina potrebbe essere al giorno d’oggi la più grande nazione del mondo: non soltanto per numero di abitanti, ma anche per industria, commercio e ricchezze sociali e morali. 

Confucio (551-479 a. C.) fu il redattore e il codificatore della tradizione cinese: una filosofia morale, famigliare, sociale.

I cinesi non sono speculatori astratti: sono concreti e regolari in tutto. (Erano!)

Studioso attento ed appassionato di tutto ciò che restava delle antiche tradizioni, Confucio iniziò ben presto a raccogliere attorno a sé dei giovani ai quali non voleva insegnare cose nuove ma soltanto ciò che gli antichi avevano pensato ed insegnato. Il suo insegnamento verteva sull’arte del governo e sul comportamento personale.

Ai suoi tempi la Cina era divisa e frantumata in mille feudi e staterelli. La Dinastia Chow (1200-200 a. C.) l’aveva divisa fra gli eredi di famiglia come se fosse stata una proprietà privata. 

Contemporaneo di Confucio (mancano le date precise) fu LAO-TZE (Vecchio Maestro): un po’ più astratto e speculativo. Scrisse il libretto “TAO-TE-KING = Libro della via della Virtù”. Alcuni secoli dopo le sue dottrine furono mescolate e confuse con elementi buddisti, e ne riuscì una specie di religione molto superstiziosa. 

In quello stesso tempo viveva, in India, Budda (567-487). Il suo nome significa illuminato, e le sue dottrine e gli insegnamenti sono analoghi a quelli dei due cinesi.

Col passare del tempo si diffusero in tutti i paesi dell’Estremo Oriente. 

 

RAFFRONTI STORICI CON ALTRI POPOLI 

La civiltà cinese ebbe in Estremo Oriente molto più influsso, estensione e durata che la civiltà romana in occidente. Pare fuori dubbio che l’umanità abbia avuto i suoi inizi nel vicino oriente: Mesopotamia, Persia, Egitto. In queste regioni si ebbero dei grandi imperi contemporanei a quello cinese. 

I Babilonesi dominarono nella Mesopotamia per mille anni (2500-1500 a.C.).

Il Codice di Hammurabi fu redatto circa l’anno 2000 a.C.

Gli Assiri dominarono per 900 anni (1500-626).

I Neo-Babilonesi o caldei dominarono 80 anni, (625-538)

I Persiani dominarono per 200 anni (538-337).

Poi venne Alessandro Magno (336-323).

I suoi successori si spartirono l’Impero in molte parti e diedero origine a molte dinastie.

Roma era nata nel 754 a.C.: 1800 anni dopo la Cina.

Abramo, padre degli Ebrei visse nel 1800 a. C.: 700 anni dopo l’inizio della storia cinese. 

I Giapponesi, umili scolari della Cina, contano i loro inizi con la “Era Cristiana”. I loro primi ricordi non vanno oltre la nascita di Roma. Sono loro che attestano la preminenza della Cina in Estremo Oriente. 

Quando san Francesco Saverio arrivò da loro (1550) per predicare il cristianesimo, gli fecero la domanda: “Com’è che questa religione che tu predichi non è conosciuta, e praticata in Cina?”

Qualunque cosa di valore civile, o religioso, doveva venire o derivare dalla Cina: maestra di tutti ed in tutto.

Per poter entrare in Cina, san Francesco Saverio andò a morire nell’isola di Sanciano (1552). 

Quando questi grandi imperi fiorivano in Oriente, noi Europei (dall’Asia Minore e dalla Grecia verso ovest) eravamo ancora abitatori delle selve.

la frase storica: “noi eravamo grandi, e là non eran nati”... - va rovesciata: “là erano grandi e noi non eravamo ancora nati.

 

PRIMI TENTATIVI DI CONTATTO 

Il cristianesimo fu portato in Cina dai Nestoriani nel 635. Un gruppo di monaci Nestoriani fu ricevuto a Corte ed ebbe l’ordine di tradurre i libri cristiani. Dopo tre anni veniva concessa la libertà di predicazione.

Duecento anni dopo (845), una grande persecuzione, contro tutte le religioni, riduceva il cristianesimo ad un vago ricordo. Era stato un grande moto di xenofobia. Nel 1625 veniva scoperta una grande stele (eretta nel 871) che fornisce ampie notizie di questi fatti e della dottrina cristiana. Stele di SIANG-FU. 

Nel 1200 i Mongoli (Tartari) si erano spinti verso l’Europa e costituivano un gran­de pericolo per i cristiani. I Principi e So­vrani dell’Europa non riuscivano a mettersi d’accordo per combatterli e per respingerli. Il Papa Innocenzo IV° (1243-1254) pensò di inviare un ambasciatore per attenuare il pericolo. Fu scelto Giovanni da Pian del Carpine (Perugia) frate francescano: abile e sperimentato nell’ambiente europeo. Egli arrivava a KARA-KORUM, capitale della Mongolia, nel lu­glio 1246 e vi restò fino a novembre. Fu ac­colto benevolmente, ma il messaggio del papa non fu gradito per il suo tono, e la risposta si tenne sulla stessa linea. Gìovanni lasciò le sue memorie nella “Historia Mongolorum”. 

I Mongoli si erano spinti anche verso O­riente ed erano arrivati a comandare in Cina. Qualche contatto con loro c’era già stato nei fatti commerciali. Piccole cose sparse qua e là.

Nel 1270 partiva verso la Mongolia Marco Polo (1254-L323) insieme col padre Nicolò e lo zio Matteo, che già erano stati in quei paesi. Giovane com’era avrà imparato bene anche la

lingua ed ebbe perciò incarichi pubblici. Rimase là circa 20 anni. Ritornato in patria, partecipò alla guerra di Venezia contro Genova. Fatto prigioniero dettò in carcere il suo libro “Il Milione”. 

Nello stesso tempo arrivava in Cina il francescano Giovanni da Montecorvino (M.Rovella - Salerno - 1247/1328), che si stabilì a Kambalik (Pechino) e vi dimorò 34 anni, segnalandosi per grandissimo zelo. Il Papa mandò alcuni frati che lo consacrassero Arcivescovo di Pechino e Patriarca dell’Estremo Oriente. 

Negli stessi anni girava per tutta la Cina (e prima in India) il Beato Odorico da Pordenone (1265-1331). Poté ritornare in Italia per informare e chiedere aiuti. Ma poi fu colto dalla morte a Udine il 14 gennaio 1331. 

Con l’avvento della Dinastia Ming (1368) tutte le tracce cristiane venivano cancellate.

Soltanto nel 1578 sarebbe stato ripreso l’apostolato cristiano. Iniziatori furono P. Matteo Ricci (1552-1610) e P. Michele Ruggeri (1543-1697). 

A Pechino, a pochi metri dalla tomba di Matteo Ricci è sepolto il nostro padre Valerio Tomasi morto il 9 novembre 1948 all’età di 60 anni, dopo averne passati venti in Cina. 

L’ULTIMA DINASTIA IMPERIALE CINESE 

I MANCESI TS’ING (1650-1910)

I Ts’ing mancesi erano un popolo piccolo: minuscolo a confronto dei cinesi: ma erano guerrieri e disciplinati. I cinesi invece, dopo 280 anni della Dinastia Ming (1370-1650) erano giunti ad una fase di stanchezza e di dissolvimento. I Mancesi arrivarono a Pechino nel 1644: ma ci vollero ancora venti anni di guerre e di lotte perché diventassero padroni di tutta la Cina. 

Il loro primo grande Imperatore fu Kang-Hsi (1662-1722). Poté durare così a lungo sul trono, perché vi fu messo quando era ancora bambino. La sua grande fama fu prima merito dei suoi ministri e rappresentanti, quando lui non poteva ancora decidere niente.

I Mancesi furono conquistati e addomesticati dai cinesi: che erano tanto più numerosi, civili e progrediti.

La stessa cosa era successa 400 anni prima coi Mongoli (Tartari) e Ku-Bi-Lay (quello di Marco Polo). Ebbe anche lui grande fama perché seppe incorporarsi nella civiltà cinese.

I cinesi conquistavano i loro conquistatori. 

Il secondo Imperatore fu Yung-Cheng (1722-17359. Fu lui che fece iniziare le tombe dell’Ovest (SI-LING): per ragioni geomantiche. All’Est (Manciuria) pareva che non ci fossero più condizioni favorevoli per la pace dei defunti.

Dopo di lui regnò Chien Lung (1736-1796) il quale, dopo 60 anni di regno abdicò per non superare il numero degli anni di impero del nonno Kang Hsi. La pietà filiale lo proibiva, e la morte tardava a venire. 

Sotto questi tre imperatori la prosperità e l’estensione della Cina raggiunse i suoi limiti massimi.

Chien Lung fu sepolto all’Est (Tung Ling). Invece il suo successore: Chia King (1795-1820) si fece seppellire all’Ovest.

Le “SI LING” si trovano nel territorio di YI-HSIEN: vicino al paese di LIANG-KO-CHWANG dove noi aprimmo la prima residenza.

Anche Tao Kwang (1820-1850) fu sepolto all’Ovest: con una tomba povera a confronto delle altre. 

Anche Kwang Hsu (18rZ5-1908) fu sepolto all’Ovest. La sua tomba è la più nuova e fu curata e terminata dalla Repubblica: perché Kwang Hsu si era mostrato favorevole alle riforme (1898). 

Hsien Feng (1850-1862) e Tng Che (1862-1875) - marito e figlio di Tze Hsi - sono due figure minori e andarono a finire sepolti in Manciuria.

In tutto si possono contare 8 imperatori in 260 anni.

Tung Che aveva lasciata incinta la moglie, ma per l’invadenza e la prepotenza di Tze Hsi (che era sua suocera) la giovane sposa finì suicida col figlio in seno. 

LA QUESTIONE DEI RITI CINESI 

Dal 1650 al 1750 vi furono tra i Missionari della Cina molte questioni circa tre punti: 

1 - Circa il nome “Dio” da tradurre in cinese: “Tien Chu = Padrone del Cielo”.

I cinesi usavano soltanto “Tien”. 

2 - Circa gli onori funebri e religiosi che venivano attribuiti a Confucio: grande Patriarca della Cina. 

3 - Circa i riti funebri usati dai cinesi coi loro morti. 

La questione venne trasportata anche in Europa e diventò accanita. Benedetto XIV° la troncò con forza nel 1742.

Curiosità della storia! La questione ebbe una certa revivenza nel 1939 quando ìl Giappone eresse il Mang-Chu-Kuo. 

MATTEO RIPA    (1682-1746) 

Era nativo di Eboli (Salerno). Fino ai 18 anni era stato un giovane un po’ sventato: artista. A quell’età indossò la veste di chierico e poi diventò sacerdote. Nel 1705 era arrivato a Roma. Nel 1707 fu incorporato in una Commissione Pontificia che andava a portare il cappello cardinalizio al Nunzio in Cina, che dimorava a Macao.

Il Nunzio morì quasi subito, ma aveva fatto a tempo a presentare il Ripa come uomo di fiducia.

A Macao egli apprese bene la lingua cinese, e così fu inviato alla corte di Pechino: un po’ come rappresentante, un po’ come artista (1711).

Vi rimase fino al 1723: ma non godeva la simpatia dei Missionari. Lasciò Pechino portando con sé cinque giovani cinesi, per farli studiare in Italia. Lungo il viaggio ragcolse anche qualche altro giovane indiano.

Nel 1725 otteneva da Roma il permesso di fondare il Collegio dei Cinesi, (a Napoli) con una congregazione di preti incaricati della loro formazione (1732).

Nel secolo scorso (1860) il Collegio veniva incamerato dal Governo Italiano, e da esso ebbe poi origine l’Istituto Orientate ancora adesso fiorente.

Articolo stampato ne “Il Missionario” di Novembre 1994.

 

CINA

VISITA A YI-XIAN 

Tra la fine di agosto e i primi di settembre di quest'anno, i confratelli italiani che celebravano il 25° di messa, hanno avuto la possibilità di visitare le missioni stimmatine dell'Oriente, quella di Manila e quella tailandese in modo particolare. 

La cosa più sorprendente tuttavia è stata la possibilità, per tre di loro, di ritornare a visitare l'antica missione stimmatina di Yi-Shien, 130 Km a sud di Pechino, dove per oltre 25 anni decine e decine di missionari stimmatini tra il 1925 e il 1950 hanno speso le loro energie migliori e la loro stessa vita per annunciare Cristo. 

Verso l'antica missione 

Già da Manila, dove avevamo preso contatto con un padre del PIME, (che per ovvie ragioni di sicurezza taciamo il nome) eravamo venuti a conoscenza che tutta la zona a sud di Beijing, Pechino, era "area restricted", sotto controllo, perché qui la Chiesa cattolica del silenzio, quella per capirci ancora fedele a Roma, è molto forte e si temono contatti con l'esterno. Il padre lo incontriamo all'aeroporto di Hong Kong e ci conferma lo stato di fatto della zona  a sud di Pechino. Riusciamo ad incontrare anche p. Jospeh Chu, già Provinciale dei Verbiti in Cina, che si mostra molto conciliante tra Chiesa patriottica e Chiesa del silenzio.

Partiamo da Hong Kong con qualche timore e con molte speranze. A Pechino veniamo recuperati dalla nostra guida che troviamo all'aeroporto e che ci seguirà per i tre giorni della nostra permanenza in Cina. L'unico motivo che ci spingeva fino a Pechino era la remota possibilità di poter mettere piede a Yi-Shien, l'antica missione

stimmatina chiusa tra il 1949 e il 1950 dopo la conquista del potere da parte di Mao Tse Tung.

All'indomani del nostro arrivo, la guida si presenta puntuale per accompagnarci alla grande muraglia. Nei nostri discorsi chiediamo tra l'altro se è possibile visitare Yi-Shien, oggi Yi-Xian, e le tombe degli Imperatori che dovrebbero sorgere non lontane da questa città. Tra le motivazioni addotte, presentiamo anche un possibile business e indichiamo in P. Michele D'Annucci, che figura come nostro boss, un uomo d'affari interessato al commercio. Raccontiamo alla guida che un nostro amico aveva lavorato nella chiesa di Yi-Xian e che noi, senza conoscere alcuna persona, gli saremmo stati grati se ci portava sul luogo della chiesa cattolica della città.

Dopo aver passeggiato sulla grande muraglia, un'opera imponente che ancor oggi meraviglia il turista europeo, la nostra guida interpella l'ufficio centrale della sua agenzia e con grande nostra sorpresa ci comunica che il giorno seguente è possibile fare il nostro viaggio a Yi-Xian. Quel giorno, tornati a Pechino, abbiamo tempo e modo di visitare la grande piazza Tiannammen con il mausoleo di Mao e la Città proibita, la sede delle dinastie imperiali che hanno dominato la Cina per millenni. Ci ritorna alla mente una notizia fornitaci dal padre del PIME che ci aveva informato che durante la Rivoluzione culturale del 1966, apparve un grande fotomontaggio sulla piazza Tiannammen di due immagini: un soldato giapponese con la testa di mons. Martina con la scritta: Missionari ed imperialisti alla conquista della Cina... Mons. Martina era il Prefetto Apostolico di Yi-Xian, che dopo la conquista del potere da parte dei comunisti, fu condannato all'ergastolo con l’accusa di aver fornito armi agli imperialisti. Fu rimesso in libertà dopo cinque anni, nel 1954, e fu accolto con numerosi segni di simpatia e di venerazione al suo rientro in Italia. Quel cartello, ci riferì ancora il padre, fu ritirato quando si seppe, poco dopo, della morte di Mons. Martina che era avvenuta a Verona nel 1961.

 

Yi-Xian 

Tornati in albergo verso sera, troviamo ad attenderci l'amico verbita che era a conoscenza dei nostri interessi. Ci informa che la zona che vogliamo visitare è sotto stretto controllo perché qui la Chiesa del silenzio, quella fedele al Papa, è molto forte. Raccogliamo altre notizie utili. L'attuale vescovo di Yi-Xian è mons. Liu Guandong, molto avanzato in età e con la salute malferma. Per questo vi è già un ausiliare nella persona di mons. Shi. Ci informa che nel periodo difficile del silenzio, la Chiesa cattolica formava i futuri preti con gruppetti di 5-6 giovani e i preti e i vescovi si aiutavano nell'insegnamento girando da un gruppo all'altro. Ora per la prima volta si è costituito un seminario a Baoding con un centinaio di studenti di teologia ed il futuro della chiesa dipenderà dal coraggio che i vescovi avranno nel saper fronteggiare la situazione con fede. Esempio lampante è quello del santuario mariano di Donglü dove si radunano decine di migliaia di fedeli per una celebrazione mariana annuale che la polizia non riesce più ad impedire.

Ci dice ancora che è possibile entrare in Cina ma non come preti. Lui conosce diversi preti che sono in Cina come liberi professionisti. Sembra che ci siano almeno 40 gesuiti, altri verbiti e confratelli di altre congregazioni. Questo verbita ad esempio insegna all'università perché è importante essere accanto al mondo culturale e alla domenica celebra 4 sante messe per gruppi diversi di cattolici. Ci mette in guardia su ciò che afferma il suo confratello P. J. Chu smentendo in pieno le buone relazioni tra le due differenti chiese, quella patriottica e quella del silenzio, ammettendo tuttavia che il futuro dovrebbe andare verso quella strada.

Per l'indomani ci suggerisce di andare con semplicità, facendo parlare sempre la guida e senza nominare persone conosciute perché questo potrebbe causare grossi guai a quelli che restano. Si rifiutò, per lo stesso motivo, di darci qualche indirizzo e qualche indicazione, anche se non aveva conoscenza diretta di Yi-Xian.

 

In pellegrinaggio 

Il 2 settembre partiamo di buon mattino con la nostra guida dopo aver recitato insieme le lodi. Usciti da Pechino, percorriamo una grande arteria che va verso sud, a tre carreggiate, poco trafficata. Guida e autista si erano attrezzati di mappe perché questo percorso era ignoto anche a loro. Dopo un po’ di autostrada, si comincia ad entrare nelle strade secondarie e la nostra guida continuava a chiedere informazioni ad altri autisti per accertarsi se eravamo sulla giusta strada. Nessuno si rendeva conto della nostra presenza perché i vetri della macchina su cui viaggiavamo erano scuri. Dopo aver percorso alcune strade malandate, giungiamo alla stazione di Lai-Shuì, già residenza di alcuni nostri missionari.

Attraverso le colline entriamo nel distretto di Yi-Xian. La strada è completamente in rifacimento, la percorriamo per vari Km e finalmente entriamo nella città. La guida chiede ad un poliziotto dov’è la chiesa cattolica e la risposta è che a Yi-Xian non c’è alcuna chiesa cattolica. Poco dopo, un po’ in disparte, ci fermiamo a parlare con alcuni vecchietti a cui la guida cerca di chiedere informazioni... Non si viene a capo di niente, anche se si nota una certa diffidenza nei nostri riguardi per evidenti motivi...

A questo punto la guida ci dice che tutte le chiese cattoliche vennero distrutte durante la rivoluzione culturale e anche questo è vero. Una donna suggerisce di andare a chiedere spiegazioni al Governatorato di Yi-Xian. Restava l'ultimo nostro tentativo. Ritorniamo in centro città con la nostra guida che va in cerca del responsabile degli affari religiosi. Rintracciamo finalmente il signor Suwu, responsabile di questo settore, che volentieri si offre di accompagnarci dove sorgeva la chiesa cattolica. Mentre camminiamo, ci chiede il nome di quel prete italiano che dovette lasciare la Cina a motivo di cibo e salute... Padre Fantozzi, diciamo noi. Ci porta sul posto, sulla strada centrale di Yi-Xian, non lontano dal Governatorato e ci indica la casa che doveva essere dei padri. Ci mostra poi il posto dove sorgeva la chiesa, ora abbattuta e sostituita da alcuni negozi, nella strada principale. C'è anche una fabbrica nella zona, probabilmente dove un tempo sorgevano le aule scolastiche... Ci dice ancora che oggi Yi-Xian, con i sobborghi, conta oltre mezzo milione di abitanti e ci conferma che ci sono ancora dei cattolici, pochi in verità, non più di un centinaio...

Cerchiamo di fotografare il posto e uscendo facciamo alcune foto ricordo davanti alla scritta di cemento Yi-Xian, con il cuore pieno di gioia, sotto gli occhi di centinaia di spettatori curiosi di vedere alcuni stranieri nella strada principale della loro città.

Sulla strada del ritorno, ci scambiamo, quasi con trepidazione, le sensazioni provate nel visitare i luoghi dove molti dei nostri padri di un tempo hanno lavorato e annunciato il Cristo.  A Pechino, offriamo un pranzo premio alla nostra guida e all'autista: ne valeva veramente la pena.

Sull'aereo che ci riportava a casa, ci siamo scambiati qualche impressione:"A quando il ritorno in Cina?" ci siamo chiesti. Forse l'alba non è lontana. Intanto si potrebbe cominciare con una presenza stimmatina ad Hong Kong entro il 1997, anno in cui questa colonia ritornerà a tutti gli effetti sotto la Cina. Per il futuro sarà di importanza strategica questa presenza. Dall'alto il Bertoni forse sorride, benedice e ripete:"Euntes in dioecesi et mundo!" 

Camillo Disconzi, Michele D'Annucci e Antonio Piccirillo

 

FINESTRA

 un seminario retto da un funzionario governativo

Chengdu - Secondo fonti giornalistiche molto attendibili, oltre 40 seminaristi su 60 hanno lasciato per protesta il seminario di Chengdu, nel Sichuan, per un'incredibile anomalia che si è venuta a creare. Il vicerettore del seminario, il vescovo mons. Giuseppe Xu Zhixuan, coadiutore di Wanxian, durante una sua assenza dal seminario, è stato sostituito nell'incarico da un funzionario governativo, un certo Huang Xiaoqin, per volere dell'associazione patriottica e dell'ufficio governativo degli affari religiosi.

  I seminaristi, prima di lasciare il seminario, descrivono in un documento la situazione caotica del seminario stesso, mettono in evidenza la corruzione e la sete di potere di alcuni sacerdoti e si ribellano per la presenza di un funzionario governativo, che è "un secolare e un ateo", posto alla guida del seminario. Essi lamentano inoltre la presenza invadente dell'associazione patriottica e dell'ufficio governativo degli affari religiosi, che decidono perfino dell'ammissione dei giovani al seminario e delle suore nei conventi.

  Lasciando con dolore il seminario, questi giovani così concludono il loro drammatico appello: "Ci sarebbero molti altri fatti che vorremmo ancora dire, ma non abbiamo parole; vorremmo anche piangere, ma non abbiamo lacrime".

(FIDES, 21 giugno 1994) 

provvedimenti contro il vescovo di Zhengding e celebrazioni al santuario nazionale dell'Ausiliatrice di Donglu

Zhengding - Ancora una volta in quest'anno il vescovo legittimo di Zhengding, monsignor Giulio Jia Zhiguo, è stato sottoposto a provvedimenti amministrativi insieme al trap­pista padre Placido Pei Ronggui, parroco della medesima diocesi.

La notizia è stata data dall’agenzia di informazioni UCA news del 20 giugno scorso. Secondo l’agenzia il provve­dimento nei confronti dei due ecclesiastici consisterebbe nel costringerli a stare nelle note “guest houses”, formalmente appartenenti a qualche ente pubblico, ma a disposizione della polizia per queste evenienze, per “due mesi di studio”.

Sempre secondo le stesse fonti, il 24 maggio scorso si sono svolte vicino al santuario di Donglu le solenni celebrazioni per la festa di “Maria Ausiliatrice”. Alla concelebrazione, presieduta da vari vescovi legittimi, hanno partecipato un centinaio di sacerdoti e diverse migliaia di fedeli, nonostante che la polizia avesse cercato in tutti i modi di impedire l’afflusso dei fedeli.

(FIDES, 26 luglio 1994)