Giovedì 20.9.1951

Abbiamo doppiato la punta dello SHAN-TUNG: alle 6 del mattino scompare dalla nostra vista quell’ultimo lembo della Cina rossa.

Venerdì 21.9.1951

Ieri sul ponte mi sono preso un po’ di freddo, ed oggi me ne risento tutta la giornata.

Sabato 22.9.1951

Siamo di fronte alla foce del Fiume Azzurro. L’acqua del fiume insozza il mare e muove le onde fino a molta distanza dalla costa. Non mi sento in forze per celebrare la santa Messa. Gli americani che vigilano intorno a Formosa mandano un loro aereo a controllare chi siamo. L’aereoplano gira al largo, si porta in posizione posteriore alla marcia della nave, e poi si lancia in picchiata su di noi, fino a sfiorarci con l’ala inclinata. Per due volte ripete la manovra, e poi rassicurato si allontana. I tendoni che ricoprono le stive portano tutti disegnata la bandiera inglese.

Domenica 23.9.1951

Piccola festa a bordo per noi Missionari. Festeggiamo il 25° di professione di una delle suore belghe fiamminghe Canonichesse di S. Agostino. Cantiamo la Messa nella sala di soggiorno. Il celebrante rievoca i meriti della festeggiata e le sue diuturne fatiche negli ospedali del SUI-YUAN (Mongolia).

Tutti ci sentiamo stringere il cuore pensando alla misera fine di tante nostre fatiche. Gli americani vengono un’altra volta a compiere un volo di controllo. Ci troviamo nello stretto di Formosa: li abbiamo proprio vicini. Pur tuttavia, nelle isolette che stanno di fronte al continente ci sono i pirati. Per i comunisti di Pechino essi sono nazionalisti traditori. Per i nazionalisti di Cian Kai Shek sono comunisti che si esercitano all’arrembaggio, per prepararsi ad invadere Formosa.

Giusto un mese dopo il nostro passaggio, la nave inglese Hupé, della Compagnia “Butterfield and Swire” - della stessa cui apparteneva la nostra Hang-yang - navigava in queste acque, facendo la stessa rotta. I pirati l’accostarono improvvisamente con mezzi molto ben armati e veloci. Impossibile fuggire. L’improvvisata aveva annullato i vantaggi della velocità che la Hupé avrebbe potuto avere. Sotto un nugolo di scariche di fucileria e di mitragliatrice fu costretta ad arrendersi. Il radiotelegrafista però, non aveva perso tempo. Prima che i pirati salissero a bordo aveva lanciato con la radio un appello di soccorso alla base di Hong-Kong. Un incrociatore leggero della marina australiana, che si trovava in quelle acque veniva comandato di recarsi sul posto. I pirati erano saliti a bordo fra le quattro e le cinque del pomeriggio e avevano sentito del messaggio già lanciato: e allora credettero opportuno mostrarsi buoni e, tranne qualche piccola ruberia e qualche piccolo danno, non fecero del male a nessuno. Niente morti e niente feriti gravi. Alle 21 l’incrociatore australiano giungeva a soccorso. Chieste per radio le informazioni, intimò l’ordine di non muoversi fino alla luce del mattino, e intanto passò la notte di vedetta, girando intorno, intorno. Il giorno dopo, visto il fallimento del loro colpo, i signori pirati si rassegnarono ad essere sbarcati con i mezzi dell’incrociatore australiano su una delle isolette, e di là salutavano gli australiani e quelli del “Hupé” con tanti bye-bye come se tutto fosse stato uno scherzetto da ridere. - Tutto questo era riportato ampiamente dalla stampa di Hong-Kong fra il 24 ed il 25 ottobre 1951: mentre io mi trovavo ancora laggiù.

Lunedì 24.9.1951

Fra i viaggiatori che sono usciti (come noi) dalla Cina rossa: saremmo 50 in tutto: parecchi sono russi bianchi; tutta gente senza dimora e senza speranza. Vanno. Dove? Non lo sanno nemmeno loro. C’è un vecchio che ha 70 anni, e 40 ne ha passati in Manciuria. Ora va in Australia a raggiungere la moglie, un figlio e i nipoti. Sente però il bisogno di dire che è ancora valido e che vuole lavorare. “Ho occhi buoni; ho ancora tutti i denti, le gambe mi reggono”. Ha paura che non lo vogliano, che non l’accettino.

“Dite un po’, nonno, quando sarà che vi vorrete riposare?”

Alle ore 10 attracchiamo alla banchina della Compagnia, dalla parte dell’isola di Hong-Kong. Di fronte sta l’estrema punta della Cina. È inglese anche quella, e là si trova KOW-LONG: l’altra parte della città e della colonia. La città che si trova sull’isola si chiama “Victoria”. Ad attenderci c’erano due Francescani della Procura, ed una nostra conoscenza di Pechino: la signora Riva, quella a cui hanno ammazzato il marito il 17 agosto. Ci ha preceduti di un viaggio. Ci infiliamo subito dentro un’automobile e ci rechiamo alla Cattedrale, presso i Padri delle Missioni Estere di Milano. Lungo il mare, al primo piano di un gran palazzo è stato costituito da alcuni anni un centro di propaganda cattolica. Là si raccolgono e si stampano notizie; si vendono libri; si prega; si tengono conferenze; si fa la scuola ai poveri; ci si ristora; si è assistiti ed aiutati per i viaggi, per i documenti ecc. - Là siamo invitati anche noi due, per dare informazioni sul nostro esodo, su quello che avviene nella capitale della Cina rossa.

Parma Febbraio 1952 

Nota:

Padre Severino Fontana mi lasciava solo e partiva da Hong-Kong in aereo il venerdì 5 ottobre, insieme con padre Hessler SVD. Appena arrivato in Italia seppe della morte del padre suo in Francia.

Io rimasi ad Hong-Kong fino al sabato 10 novembre 1951.