Capitolo I

GIOVANE STUDENTE 

Quando nacque il Bertoni (1777) Verona faceva parte della Repubblica di Venezia.

Verona, Brescia, Bergamo erano il fecondo e negletto retroterra di quella Repubblica nata sul mare e vissuta sempre sul mare. Mentre gli altri stati europei si agitavano premendosi gli uni gli altri, la Repubblica veneta viveva, o meglio moriva, in un languore e in una quiete che sapeva di agonia ed era un inglorioso declino.

La città di don Gaspare partecipava di quelle condizioni, psicologiche, ma non tanto quanto la capitale Venezia, e i suoi cittadini l'avrebbero dimostrato nel 1797 col moto di insurrezione che va sotto il nome di Pasque veronesi.

La famiglia Bertoni viveva un po' le condizioni stesse della Repubblica. Composta di una mezza dozzina di persone anziane, dimostrava apertamente la stanchezza della stirpe: vedovo senza prole un prozio, celibe uno zio, nubile una zia.

Il padre, Francesco Luigi, era il più giovane dei tre figli del fu sig. Gaspare Bertoni, notaio, morto nel 1768.

Tutta gente benestante e provveduta, ambiva per tradizione familiare, il titolo di notaio, più per lusso che per esercitarne l'ufficio.

Anche il sig. Francesco Luigi ne fu insignito, ma anziché mostrarsi fatto per quella professione, di dimostrò tagliato tutto all'opposto.

Di lui, il meno che si possa dire, bisogna affermare che fu di carattere balzano e bizzarro, e perciò rese ben dura la vita alla consorte e al figlio nei trentacinque anni che durò il suo matrimonio. Tuttavia, siccome fu l'unico dei tre che si sposò, fu lui che diede la vita all'ultimo rampollo della casata, a quel rampollo che con la sua vita santa avrebbe assicurato il ricordo degli avi in modo più che duraturo.

La mamma di don Gaspare, signora Brunora Ravelli in Bertoni traeva origine da padre di Sirmione sul Garda, di stirpe bresciana dunque più che veronese, mentre i Bertoni avevano i loro beni e le loro proprietà ad oriente di Verona nel paese di Caldiero e nella valle di Illasi.

Fu la madre che curò l'educazione del figlio, dandogli quella impronta raccolta e pensosa, infondendogli quella dolcezza costante, che tanto avrebbe contribuito a preparare il figlio alla sua sublime vocazione.

Don Gaspare vide la luce la sera del 9 ottobre 1777, ed il giorno dopo fu battezzato nella sua chiesa parrocchiale San Paolo in Campo Marzio, dal prozio don Giacomo Bertoni. Gli furono imposti i nomi di Gaspare, Luigi, Dionisio.

Cinque anni e mezzo dopo, nel marzo del 1783, nacque an­che una sorel­lina, Matilde; ma essendo essa morta di vaiolo all'età di appena quattro anni, Gasparino rimase l'unico bocciolo, l'unico virgulto inviato da Dio a rallegrare quella casa.

E la rallegrò veramente, poiché se è vero che visse sempre e quasi solo con la madre, subendone più a lungo l'influsso, dal carattere sovrabbondante del padre ereditò in giusta misura quella vivacità e quella bonomia veronese che lo rendeva amante e animatore della buona compagnia, che lo faceva imitatore abilissimo del gestire e del parlare altrui, che gli faceva gustare la musica e l'allegria.

I biografi hanno minuziosamente indagato e analizzato tutti i particolari che ci restano della sua prima età. Diligentissima e fruttuosa fu la sua applicazione agli studi elementari e medi: dagli otto ai sedici anni. Certo, la siepe di persone anziane che gli stava dintorno l'avrà molto aiutato e stimolato, ma lui seppe corrispondere più che adeguatamente, e lo prova il fatto del suo ottimo proseguimento dopo che essi furono morti.

A dodici anni (Aprile 1789) fece le sua prima Comunione, e fu per lui un giorno di paradiso, che gli lasciò un ricordo indelebile. Lo sappiamo da una confidenza del suo diario intimo di 20 anni dopo.

A quattordici anni: 6 settembre 1791, ricevette anche il sacramento della Cresima, e da allora fu veramente un ometto, il sostegno oltre che il conforto della madre. La morte aveva svuotata la vecchia casa, e la signora Brunora, con un marito che, senza essere cattivo, non era adatto a compiere il suo dovere di capofamiglia e di padre, si trovò sola col suo Gasparino, e dovette farsi appoggiare da un suo fratello: Carlo Ravelli.

Fortuna che, per quella volta, il cognato Antonio Maria e la cognata Paola Bertoni, ambedue senza famiglia, furono con lei più buoni che non il marito.

Dopo tre anni di grammatica e tre di retorica (ne aveva premessi due di elementari), Gaspare compì a San Sebastiano anche il biennio di filosofia. Aveva sedici anni quando lo cominciò.

San Sebastiano era (dopo i bombardamenti dell'ultima guerra mondiale la chiesa non esiste più) il ginnasio-liceo comunale, che fino a pochi anni prima era stato l'ambiente dominante della Compagnia di Gesù in Verona. Dopo la soppressione della Compagnia (1773), molto saggiamente il Municipio aveva mantenuto sul posto, stipendiandoli come suoi professori, parecchi ex gesuiti, e così quello era un istituto dove lo spirito di Sant'Ignazio si respirava ancora a pieni polmoni, e dove la sua metodica veniva ancora abitualmente applicata.

Due uomini: P. Gioacchino Avesani e P. Luigi Fortis, e un'opera: la Congregazione Mariana, riempirono e modellarono per tutti quegli anni l'anima di Gaspare. Venendo da San Paolo egli passava il ponte dietro San Fermo, e svoltando a destra si trovava subito nell'ambiente della sua scuola e della sua Congregazione Mariana, che dovevano colmare tanta parte del suo cuore rimasta vuota.

A casa solo la mamma o persone troppo anziane per la sua tenera età; qui tanta allegra compagnia, le belle devozioni, i bravissimi professori. Gaspare ci si sentiva pienamente a suo agio, e intanto veniva fondendo in sé stesso il modello per i futuri Oratori Mariani (1802); veniva preparando il futuro Fondatore (1816) di spirito solidamente ignaziano.

La soppressione della Compagnia avrà fornito anche in famiglia mille e mille volte l'occasione a considerazioni e conversari. E così il rimpianto e il desiderio di essa si radicavano nel profondo dell'animo suo.

Quando l'ora di Dio sarà scoccata (1808) ai pensieri e alle riflessioni dell'uomo si aggiungerà il diretto lume divino.