Capitolo XII

VICENDE DELL'ISTITUTO DELLE STIMATE 

Quando il Bertoni morì il cielo si aprì al sereno. Il fatto meteorologico è attestato dagli storici; l'interpretazione trascendente di esso fu data dal P. Camillo Cesare Bresciani, grande oratore di quei tempi, che del Bertoni ebbe a tessere l'elogio funebre.

Piogge copiose e persistenti avevano quasi spossato l'animo dei fedeli, che da molto tempo supplicavano da Dio un po' di bel tempo, un po' di sereno.

Nel preciso momento in cui quell'anima santa lasciava questo mondo la nuvolaglia del cielo si squarciò, sopra Verona apparve trionfante il sole e un'iride bellissima si disegnò all'orizzonte. Fu un presagio notato con favore. Come presagio si riguardò pure il fatto che il Bertoni compariva al tribunale di Dio mentre i suoi figli ascendevano il pulpito per istruire il popolo nella dottrina cristiana.

E non furono interpretazioni ispirate soltanto dalla benevolenza, dall'arte oratoria o dalla pietà filiale. Il seguito degli avvenimenti succedutisi in rapido giro di tempo doveva giustificare appieno queste osservazioni, e questi presentimenti dei figli. Non deve sembrare né fuori luogo, né esagerato un accostamento della morte del Bertoni con quella di Gesù sull'alto della croce.

Se ogni cristiano, per poter entrare in cielo, deve rassomigliarsi al suo Salvatore (Rom 8, 29), non deve recare meraviglia che questa rassomi­glianza risalti in modo speciale nei Santi.

Il Bertoni, cultore esimio della Passione del Signore, l'aveva vissuta per tanti anni nel suo spirito e nel suo cuore, l'aveva predicata con tanto fervore e zelo, e perciò fu fatto degno di rassomigliare anche esternamente a Gesù Crocifisso.

Gli undici anni della sua ultima malattia si possono paragonare all'agonia di Gesù in Croce, e lo squarciarsi della foschia del cielo può essere accostato allo squarciarsi del velo del tempio.

La Chiesa, dopo la morte e la risurrezione di Gesù, ebbe la suo fioritura e la sua espansione; così pure l'opera del Bertoni, che al momento della sua morte era ridotta al lumicino e sembrava destinata ad estinguersi quanto prima, riprese invece vigore e si affermò in modo insperato.

Abbiamo già accennato che il P. Marani in soli quindici mesi di prati­che riusciva ad ottenere dalla Santa Sede (16-4-1855) quel Decreto di Lode per cui il Bertoni non aveva mai voluto farsi innanzi.

Riusciva anche ad avere l'approvazione del Governo (14-7-1855) senza particolari difficoltà o ritardi.

E tutto ciò con una Comunità ridotta a sei preti (compreso il Bragato che viveva alla corte di Praga) e tre coadiutori.

Il Papa Pio IX, ricevendo in udienza particolare il P. Marani accompagnato dal Fratello Luigi Ferrari, diceva con molta benevolenza, ma anche con leggera ironia: «Crescat pusillus grex!» (Udienza del 24-10-1854).

Era la benedizione del Vicario di Cristo che, benché accompagnata da un sorriso di paterna compassione e comprensione, doveva riuscire piena di efficacia e di potenza.

Il Marani in tutto quel tramestio, figura come persona santa (i romani, a cominciare dal Card. Fransoni, Prefetto di Propaganda, anche lui persona santa, ne rimasero ammiratissimi), ma anche come uomo assai ingenuo ed incompetente.

Quello che fece tutto ed ottenne ogni cosa fu il neo eletto Vescovo di Verona Mons. Benedetto Riccabona. Un trentino che non aveva mai visto il Bertoni, sebbene lo avesse conosciuto per fama; uno che non aveva avuto occasione di conoscere i Preti delle Stimate, ma che pure subito dimostrò verso di loro tanta inclinazione e tanto affetto.

Il Bertoni aveva fondata la sua Congregazione «In obsequium episcoporum», e Dio faceva vedere che quell'opera era vera­mente tutta sua, tutta costruita secondo il suo beneplacito. Per far capire questo si serviva del legittimo Pastore di Verona, facendola crescere e prosperare in modo insolito e prodigioso.

L'annientamento del servo fedele, nascosto nel solco della umiltà e della sofferenza germogliava adesso quello stelo e quella spiga.

Primi ad essere meravigliati furono i Curiali romani, ma con tutte le loro consuetudini e le loro riserve, non pote­rono arrestare quell'impulso divino. Non credano i furbi di trovare la spiegazione di questo fatto nella presenza del Bragato a Praga.

Facciamo notare che si trovava a Praga (dal 1848) e non a Vienna, facciamo osservare che Ferdinando I era ex imperatore, mentre il governo era a Vienna e l'imperatore era Francesco Giuseppe.

Coloro che costituivano il nuovo governo imperiale avevano sì mutata la tinta, ma quanto alla sostanza, quanto alla stoffa, erano dello stesso panno dell'ex primo ministro Metternich, specialmente in materia religiosa ed ecclesiastica.

L'Austria fu sempre rigidamente cesaropapista fino in fondo.

Basti ricordare che il gesto da lei compiuto nel 1846 (Metternich fece presentare il “veto” contro l'elezione di Pio IX, ma non giunse in tempo, perché il Conclave fu brevissimo ed il voto sfavorevole della Corte di Vienna arrivò ad elezione compiuta) fu ripetuto sessant'anni dopo alla elezione di S. Pio X (1903).

Nel frattempo, nel 1870, quando il Papa proclamò dogma di fede l'infallibilità pontificia, la medesima Austria era giunta a rompere le relazioni diplomatiche con la Santa Sede perché «l'altra Alta Parte aveva unilateralmente mutate le proprie condizioni».

Questa mentalità vigoreggiò fino al 1918, e se ne può concludere che il Piave, se geograficamente più che un fiume è un torrente, storicamente più che un fiume fu un abisso.

Tenuto presente tutto questo a noi pare che le approvazioni ottenute dal Marani siano state un vero prodigio, e ci pare che dalle premesse risulti chiaro.

Ma non è tutto. Ottenuta l'approvazione e fatta l'erezione canonica (30-9-1855) ben presto il Convento delle Stimate si trovò troppo pieno. Il Superiore P. Marani dovette pensare a riattare e a costruire ex novo nel Convento della SS. Trinità.

Là fu trasportato il Noviziato il 28 febbraio 1857. A quella data i sacerdoti erano 12, i chierici studenti 7, i fratelli coadiutori 7.

Frattanto i sacerdoti venivano richiesti per predicazioni varie da tutte le diocesi del Veneto ed anche di Lombardia. Furono più volte al Santuario di Caravaggio (BG), e popolo e ammi­nistratori (allora quel Santuario era di amministrazione laica) ne rimasero così entusiasti, che volevano assolutamente che essi ne accettassero la direzione e l'assistenza spirituale.

Le proposte si trascinarono per molti anni, ma non si poté giungere ad una conclusione.

Non si potrebbe ridire la gioia e la consolazione dei veterani delle Stimate nel prodigarsi in queste opere di zelo.

I bei tempi del maggio 1816 (Missione di San Fermo) erano finalmente tornati, ma prima avevano dovuto passare quarant'anni di raccogli­mento (opera della scuola), di umiliazione e di agonia.

Nel giardino del Noviziato fiorirono subito pianticelle di immacolato candore e di celestiale profumo.

Antonio Caucigh (1850-1866) friulano di Prepotischis, fu il S. Giovanni Berghmans della nostra minima Compagnia. Fedelissimo nella osservanza delle regole, ebbe vita breve ed angelica, e la terminò colloquiando con Maria SS. che era venuta a prenderlo per portarlo in cielo.

A quei tempi le regole della Compagnia di Gesù circolavano fra i nostri quasi come cosa del tutto propria. Il Pa­dre Mae­stro Lenotti spiegando quelle scritte dal Fondatore inculcava che la nostra Congregazione doveva essere dedicata e determinata in modo speciale e segnalato al servizio ed ossequio dei vescovi analogamente al modo speciale con cui la Com­pagnia di Gesù è dedicata e indirizzata all'ossequio e disposizione del Sommo Pontefice.

E quei giovani si slanciavano con ardore al raggiungimento delle mete indicate.

Un compagno del Caucigh, Lorenzo Pizzini (1848-1876), un trentino di Castellano, sentiva ardente in sé la vocazione missionaria. Per questo scopo si era dato allo studio delle lingue estere e ne aveva appresa più d'una; ma anche la sua vita era destinata a consumarsi in un rapido olocausto. Morì a Trento a soli 28 anni, rapito da tisi.

La fiamma missionaria serpeggiò tuttavia per qualche tempo fra i giovani, e la S. Sede aveva indicato come territori verso cui indirizzarsi, la Svezia e la Norvegia. Non se ne fece nulla.

Nel 1866, per sfuggire ai pericoli della terza guerra di indipendenza italiana, gli studenti furono trasferiti in tutta fretta a Trento, dove Mons. Riccabona li accolse paternamente e li alloggiò nella sua villa.

Nell'anno seguente (1867) cominciò la gran burrasca della lotta contro il Regio Demanio.

Verona era divenuta italiana il 16 ottobre 1866. Subito vi si estesero le leggi di soppressione degli ordini religiosi e d'incameramento dei loro beni, che già erano state promulgate in Piemonte e nel resto d'Italia.

Il Bertoni, con mente preveggente, aveva lasciato scritto nel suo testamento: “Erede universale istituisco e voglio che sia il Rev.do signor Don Francesco Benciolini, del fu sig. Pietro, domiciliato esso pure nella mia casa ai Derelitti, in parrocchia di S. Stefano in Verona...”.

Quelle poche righe riuscirono a salvare l'Istituto delle Stimate dall'estrema rovina. Subì confisca dei beni e dispersione dei suoi membri, ma alla fine poté ricostituirsi, e i rappresentanti delle cupidigie governative dovettero arrendersi.

Un voto solenne fatto al Cuore di Gesù aveva ricondotta la pace e la fiducia nell'avvenire.

P. Marani era morto nel 1871, affogato di amarezze, espulso dal suo convento e riparato per pietà in casa di amici.

Cominciò allora la serie dei Capitoli Generali, che molto ebbero da fare per completare ed aggiornare le Costituzioni del Fondatore in ciò che riguardava il governo e l'amministrazione.

Quel lavoro durò vent'anni.

Quando nel 1890 la Santa Sede emise il Decreto di Approvazione dell'Istituto, tutta la sua compagine si poté dire assestata definitivamente.

La forma della legge dovette essere ritoccata man mano che progrediva il Diritto ecclesiastico, e si ebbe la sua approvazione provvisoria nel 1916, quella definitiva nel 1925.

Ben lungo fu questo travaglio interno, però esso va attribuito ai tumulti e al variare dei tempi, nonché al progresso grandissimo verificatosi nel diritto canonico e nella disciplina generale della Chiesa.

Il pensiero del Fondatore, tuttavia, non fu affatto alterato, e spesso anche la lettera fu ripetuta nelle nuove formule.

Nel 1889, alcuni tipi irrequieti ed esaltati presero pretesto da quei ritocchi per dire che tutto lo spirito dell'Istituto era stato mutato e chiesero di essere prosciolti dai voti. Essi lasciarono l'Istituto, e l'Istituto, senza di loro procedette meglio.

Le crisi di assestamento non impedirono la vitalità esterna.

Sorgeva in quel tempo a Verona l'Istituto delle Missioni Africane. Mons. Comboni, già allievo dell'Istituto Mazza, faceva sorgere dal ceppo paterno quel nuovo pollone.

Per consiglio, assistenza, indirizzo, fu inviato alle Stimate.

Prima di partire, coi suoi primi compagni fece alle Stima­te un corso di Esercizi spirituali, rimanendone consolatissimo e confortatissimo nel suo proposito. Mentre lui faticava in Africa o viaggiava attraverso l'Europa, la sua piccola famiglia di Verona venne affidata in tutela ed assistenza ai Preti delle Stimate.

Trovandosi privo del personale necessario sul campo del lavoro, chiese agli Stimmatini di essere aiutato, almeno temporaneamente, da alcuni dei loro sacerdoti. Si inviò un manipolo di volontari.

Quelli che non avevano potuto portarsi in Svezia e Norvegia, trovavano aperta la via del centro dell'Africa.

L'opera principale però rimase ancora l'educazione dei fanciulli mediante la scuola e l'Oratorio mariano.

Appena passata la burrasca della confisca e della dispersione, una lunga serie di sacerdoti nostri si presentò agli esami straordinari che il governo aveva istituiti nell'Università di Padova, a favore delle province venete recentemente annesse al Regno.

Ottenuti i diplomi governativi (il Bertoni si era comportato allo stesso modo nel 1818 di fronte alla riforma introdotta dal governo di Vienna) si pensò subito a riaprire le Scuole delle Stimate, che da trent'anni giacevano inoperose.

In breve divennero fiorentissime; le accademie in esse celebrate a fine anno scolastico oppure in altre occasioni erano sempre degli avvenimenti cittadini per Verona.

Scuole ed Oratori furono aperti a Parma (1876), a Bassano del Grappa (1877), a Gemona del Friuli (1901). A Pavia (1884) si aprì un Pensionato Universitario. Valenti predicatori giravano un po' dappertutto.

A Roma furono inviati i Padri Tabarelli e Morando che divennero professori nel Seminario Romano, in quello Vaticano, in quello di Albano e poi anche all'Apollinare.

Dal 1900 al 1902 alcuni dei nostri prestarono assistenza agli emigranti italiani cooperando nell'Opera Bonomelli.

Anche nella seconda ripresa le Scuole delle Stimate non ebbero lunga vita. Dopo 25 anni si dovette chiuderle (1902).

La canaglia rossa, sostenuta dalla canea liberale-massonica, faceva ad esse una opposizione irriducibile. Pretesto addotto era il fatto che molti Stimmatini, essendo trentini di origine, erano cittadini austriaci.

Dal che si vede come uno stesso argomento può essere rigirato a conclusioni opposte, quando si ragiona con la malafede. Se gli insegnanti delle Stimate, invece di essere dei preti, fossero stati dei borghesi, dei liberali o in­creduli qualunque, allora le Stimate sarebbero state esaltate come fucina di italianità, come rifugio dei profughi dalla tirannide austriaca. Invece, perché oltre che le lettere e le scienze vi si insegnava la religione, la morale, il rispetto all'autorità, il vivere ordinato e non quello rivoluzionario e ribelle, per questo se ne chiese e se ne volle la chiusura.

Ma Dio, che si serve ugualmente bene dei buoni e dei cattivi, permise a questi ultimi quella piccola vittoria per aprire agli Stimmatini una via nuova. Già da otto anni aveva inviato loro un autentico pioniere, un apostolo infaticabile, un precursore dei tempi: P. Luigi Fantozzi. Il suo cammino per giungere alle Stimate era stato affatto straordinario. La vita di caserma, prima a Udine e poi a Verona, aveva fornito a lui toscano e già chierico, l'occasione dei primi contatti con gli Stimmatini. Dopo quattro anni di servizio militare ritornava in famiglia (a Pescia) e veniva ordinato sacerdote nel 1894. Per completare e riordinare i suoi studi fatti un po' saltuariamente, andò a Roma, dove si laureò in teologia, e intanto, convivendo con gli Stimmatini, maturò anche la sua vocazione religiosa.

Per lasciare i suoi parenti e la sua regione dovette superare opposizioni molto forti, ma Dio lo sostenne ed egli seppe corrispondere.

Già da soldato e nei due anni passati a Roma si era dimostrato apostolo tenacissimo e pieno di risorse (noi qui non possiamo ritessere la sua vita); quando fu trapiantato a Verona questo vivacissimo toscano rivoluzionò la lentezza dei veneti, allargando i loro orizzonti verso mete impen­sate.

Al posto delle scuole, chiuse nel 1902 egli apriva nel 1904 un Patronato Operaio, che in brevissimo tempo fu attrezzato, sviluppato e completato, nel senso più esteso e moderno che si usa dare a questa parola. Basti dire che aveva aperta anche la scuola di automobilismo già nel 1906!

Tutte le opere e le scuole ad indirizzo sociale, professionale e sportivo che dovevano divenire di moda e di uso comune verso il 1930 fiori­rono alle Stimate fra il 1905 e il 1910.

Era una primavera improvvisa, un'alba che di molto precede l'aurora ed il sorgere del sole. I veronesi più eminenti, rapiti da quel fenomeno, si facevano trascinare volentieri e cooperavano con entusiasmo.

Per l'Istituto delle Stimate fu veramente l'infusione di una vita nuova e la gloria d'avere preceduto i tempi.

Con lo scoppio della prima guerra mondiale gli edifici furono requisiti, ma le opere non morirono, anzi ebbero un nuovo campo di lavoro fra i soldati e gli ufficiali.

Dalla Scuola Allievi Ufficiali del Genio stabilita alle Stimate uscirono 1800 ufficiali scelti. Fra di essi i Padri Stimmatini (Padre Stefano Rosa) avevano seminato il bene a piene mani, raccogliendone riconoscenza e perpetuo ricordo.

Dopo la guerra, accanto al Patronato si vollero riaperte le Scuole. Si riaprirono nel 1922 (per la terza volta), abbinate ad un Collegio-Pensionato per giovani studenti.

Intanto l'ondata di vitalità rivelatasi dopo il 1900 aveva portati gli Stimmatini molto lontano.

Nel 1905 si indirizzarono verso gli Stati Uniti, per seguire e servire gli emigranti italiani. L'Opera Bonomelli era venuta meno, ed essi da soli proseguirono per quella via.

Nel 1910 si portarono in Brasile. Anche là servirono e servono gli emigranti italiani, ma in un primo tempo ebbero vere missioni fra gli abitanti dell'interno e in mezzo agli  indi.

Nel 1906, dal Card Ferrari furono chiamati a Milano per aprire anche là un Patronato e Oratorio, e poi venne loro affidata da lui una grande parrocchia; nel 1913 San Pio X affidava loro un'altra parrocchia a Ro­ma; ambedue le parrocchie ebbero il titolo di Santa Croce in memoria del centenario costantiniano.

Dal 1910 al 1915 ebbero dalla S. Sede l'incarico di dirigere e d'insegnare nel Seminario di Belluno. Nel 1925 Pio XI chiamò gli Stimmatini alle Missioni, destinando di mandarli in Cina con un incarico del tutto simile a quello avuto quindici anni prima nella Diocesi di Belluno.

Mentre si affrettavano a partire (fu Capitano anche in questa impresa l'infaticabile P. Fantozzi, che già aveva toccato i 55 anni) gli Ordinari di laggiù si sistemarono altrimenti, e così ai nuovi missionari fu affidato un territorio (8000 kmq) tutto loro proprio. Molta montagna e pochissima pianura; tanti maomettani e pochissimi cristiani (1500); più di un milione di buddisti, taoisti, confuciani.

Residenze, opere, scuole, ambulatori: niente. In diciotto anni di lavoro (1927-1951) i cristiani erano passati da 1500 a 7000/8000; le residenze, da una, vecchia e cadente, a sei nuove e ben attrezzate.

Clero indigeno, Suore indigene, Seminario e Opere varie, tutto ben avviato.

La guerra giapponese prima, la marea comunista poi, hanno sommerso ogni cosa. Il perno di tutto questo faticoso avanzare: Mons. Tarcisio Martina: giace nelle prigioni di Mao da quattro anni.

Anche in Italia la guerra ci ha causato immensi danni.

La Scuola Apostolica presso la chiesa della SS. Trinità, il Collegio, le Scuole e il Patronato delle Stimate completamente distrutti; il vecchio convento costruito dal Fondatore fu danneggiato anch'esso e scosso dalle fondamenta, ma ha saputo resistere.

Dopo nove anni di attesa, si sta adesso inaugurando la nuova Scuola Apostolica, in posizione incantevole. Vicino ad essa sorgerà il Santua­rio della Vergine Immacolata di Lourdes, che fu distrutto dai bombardamenti a Piazza Cittadella. Il Collegio e le Scuole delle Stimate sono già state ricostruite e sono già in funzione.

Le pietre possono cadere, ma lo spirito rimane: «Post fata resurgo!».

Le due Province religiose d'America: Stati Uniti e Brasile, sono in pieno rigoglio di giovinezza. I veterani italiani stanno ancora ad indicare la strada, ma ormai quei giovani sanno fare da sé. Lo spirito del P. Bertoni opera potentemente anche in mezzo a loro.

Scrive un profondo studioso dello Spirito del Bertoni: “Ogni Ordine o Congregazione religiosa come ha un suo fine speciale, così ha un indirizzo, uno spirito particolare: spirito del quale s'investì dapprima il Fondatore di essa e che egli cercò poi di trasfondere e perpetuare nei suoi figli. E (l'esperienza lo insegna) sino a che l'idea del Fondatore opera sui discepoli, sino a che questi sono dominati dallo stesso pensiero, dal medesimo spirito, l'Ordine è pieno di vita e di fervore; tosto che scema questo spirito anche l'Ordine comincia a decadere.

Né può recare meraviglia questo fatto quando si pensi che il fine di ogni Ordine religioso è fine soprannaturale, e tale che non si può conseguire senza il concorso della divina grazia. Il Signore pertanto che assiste ed illumina i Fondatori, e fa loro conoscere la sua volontà circa il fine della Religione ed il modo di conseguirlo, promette a ciascun Ordine o Congregazione un aiuto, una grazia speciale in riguardo al suo fine: grazia che non darà, almeno con abbondanza, quando i suoi membri si scostino da quell'indirizzo che Egli aveva loro manifestato per mezzo del Fondatore.

Questi stessi pensieri ricorda a noi il nostro Venerabile Padre nelle Costituzioni. Dopo di avere in esse accennato alle difficoltà e  pericoli a cui ci troviamo esposti nell'attendere al fine della Congregazione, ci anima a confidare nella grazia dello Spirito Santo, poiché (egli dice): “Colui che ha cominciata ed ispirata l'Opera, la compirà altresì se noi non vi porremo ostacolo”..

Sabato 19 febbraio 1955